108 rintocchi – Yoshimura Keiko

108 rintocchi – Yoshimura Keiko

Titolo: 108 rintocchi

Autore: Yoshimura Keiko

Editore: Piemme

Genere: romanzo

Pagine: 170

Prezzo: 16,90

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Trama

Tutto si guasta, si incrina, invecchia, si rompe. Sohara Mamoru, che è nato sull’isola più piccola dell’arcipelago di Izu ed è il tuttofare della comunità, lo sa. Durante i tre giorni che precedono il Capodanno, si svolge la storia di un uomo che ha sempre messo davanti alla propria realizzazione la felicità altrui. In quella goccia di terra sovrastata da un vulcano dormiente e coperta da boschi di camelie, Sohara sogna (e di nascosto realizza) piccoli atti magici. Aggiusta case, guardrail, lampioni e, insieme, persone. Sono i giorni in cui in Giappone tutti si affaccendano per pulire, mettere a nuovo le stanze e accogliere così l’anno che viene, accompagnato dai 108 rintocchi delle campane dei templi. Sono le 108 passioni umane da cui liberarsi per raggiungere il Nirvana, secondo la religione buddhista: 107 rintocchi prima della mezzanotte, uno subito dopo. Ciò che Sohara non sospetta però è che, in quei giorni profumati di pino e pasticcio di pesce, giungerà per lui dal mare una lettera: porterà con sé una tremenda notizia da Yamada, figlio dannato dell’isola. Accadrà proprio nell’attesa di un Capodanno che, per la prima volta, gli racconterà chi sia lui per la comunità e quanto il senso della vita non stia in tutte le possibilità che essa offre ma nella scelta di una sola. Nella notte dei 108 rintocchi, arriverà per Sohara il tempo non più di dare ma di ricevere.


Recensione

Mi sono avvicinata da poco alla letteratura giapponese, ma ho notato subito quanto la scrittura sia diversa da quella a cui sono abituata. Se è vero che le narrative di ogni cultura hanno delle caratteristiche differenti le une dalle altre, questa di sicuro è qualcosa che non somiglia a nessun’altra. Forse è per questo che all’inizio sono rimasta perplessa, o forse è stato semplicemente perché non era arrivato il libro giusto. E’ una narrazione caratterizzata dalla semplicità: lineare nelle descrizioni e nei dialoghi, nella costruzione dei personaggi, che possono dare l’impressione di non essere a tutto tondo; ma è anche una semplicità che sa a raggiungere il cuore. Questo perché la Keiko invece di soffermarsi sulla caratterizzazione dei protagonisti (che qui, oltre a Sohara, sono davvero tanti e vari) punta sulle idee, sulla morale che vuole offrire, sul senso della vita che desidera condividere con il lettore. È una scrittura che ha un tocco poetico che rende tutto magico: la storia, l’isola, i suoi abitanti, le relazioni che si sviluppano tra loro e li rendono tutti parte di qualcosa. E’ come se l’autrice riuscisse a fissare la vicenda su immagini così vivide che sembrano istantanee prese dalla vita della piccola isola; disegni di un attimo, di un’emozione, di una vita, di un desiderio o di un rimpianto. E su tutte queste fotografie veglia Sohara, il tuttofare dell’isola, che dopo aver tentato la vita sulla terraferma ha capito che la felicità era in quei pochi chilometri quadrati ed è tornato a casa. Sohara che ha compreso che tutto può infrangersi, non solo le cose ma anche la vita; eppure tutto, con un piccolo gesto, può essere riparato.

Negli anni Sohara aveva finito così per percepire la vita tout court come qualcosa da riparare, accomodare, sanare. Tutto era pericolante, malfermo, fragile. La vita si rompe.

E così, senza che nessuno se ne accorga, Sohara aggiusta piccole cose, ridona bellezza agli angoli trascurati dell’isola, rimette insieme i cocci di oggetti rotti, sposta siepi che oscurano la vista degli anziani. E’ il suo modo di rendere le persone felici, di farle sentire soddisfatte della loro vita e spesso con questi suoi piccoli gesti riesce ad aggiustare persino le persone. Quando sarà lui ad avere bisogno di aiuto, l’intera isola gli restituirà il bene che ha fatto per decenni senza mai chiedere nulla in cambio, accontentandosi solo del sorriso dei suoi vicini. Un messaggio quindi molto positivo, con un finale toccante e delicato che mi è commossa, e che mi ha fatto ragionare sul concetto di serenità dell’animo: a volte la vera felicità non si basa solo sulle cose che otteniamo, ma anche sulle mancanze, su quel che sogniamo ma non possiamo avere, su quei desideri verso cui tendiamo ogni giorno e a volte addirittura su quello a cui rinunciamo.

Il mondo era immenso ma lui aveva scelto un puntino di pochi chilometri quadrati. Eppure, Sohara sapeva che quella limitazione era stata l’unica capace di dare sapore alla sua vita. Non solo le affermazioni ma anche le negazioni creavano l’equilibrio dei sentimenti.

Un elemento che ho adorato di questa favola moderna è stata la bravura dell’autrice nel mostrare le abitudini, le tradizioni, le usanze e i costumi del suo paese, riuscendo a farti sentire davvero parte dell’isola. E una nota di merito va alla traduzione, che ha mantenuto intatti termini ed espressioni (aggiungendo un prezioso glossario a fine libro). Una lettura delicata e toccante, una storia di altruismo e di comunità, sullo sfondo di una festività giapponese, quella del Capodanno, che ti trascina in una delle tradizioni più affascinanti e coinvolgenti del paese, durante la quale l’isola intera si riunisce per iniziare insieme un nuovo anno all’insegna della serenità.


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