Diario – Anne Frank

Diario – Anne Frank

Titolo: Diario

Autore: Anne Frank

Genere: Autobiografia

Editore: Einaudi

Pagine: 360

Voto del Pubblico (IBS): 4,7 su 5

Prezzo: 13,00

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Trama

Anna Frank ha 4 anni quando con il padre Otto, la madre Edith e la sorella maggiore Margot, lascia la Germania e si trasferisce in Olanda. Sono ebrei, seppure tedeschi, e le nuove leggi razziali imposte dai nazisti iniziano ad essere pericolose.

Hitler ci ha fatto apolidi già da molto tempo. E veramente non esiste maggior inimicizia al mondo che fra tedeschi ed ebrei.

Ad Amsterdam i Frank vivono una vita agiata, ma Anna fatica a trovare una vera amica, nonostante sia molto popolare tra i ragazzi. Così, quando il giorno del suo tredicesimo compleanno le regalano un diario, questo diviene immediatamente il suo fedele compagno. Alla sua immaginaria amica Kitty, infatti, Anna confida una vita difficile, ma ancora sopportabile. Finché le cose non precipitano rovinosamente: nel 1942 Margot riceve la convocazione delle SS per essere deportata in un campo di lavoro. Non esiste altra scelta che nascondersi: il Signor Frank ha preparato da mesi un alloggio segreto nel retrocasa della sua fabbrica e vi trascina la sua famiglia, quella dei Van Daan, suoi collaboratori, e il dentista Dussel.

Inizia per gli otto clandestini una vita di silenzi, di noia, di reclusione e di forzata convivenza che inasprisce i rapporti. Nel momento più critico della sua adolescenza, Anna non trova in nessuno dei presenti una spalla su cui appoggiarsi. Il difficoltoso rapporto con la madre diviene ancora più freddo e la giovane è costretta a crescere in fretta e da sola. Per tutti gli ospiti, Anna è un divertente pagliaccio: impossibile, quindi, trattarla da adulta.

Il secondo anno di confinamento porta dei sostanziali cambiamenti: la ragazza diviene più padrona di se stessa, ha accettato molti dei suoi difetti, e cerca di migliorarli; la sorella maggiore diventa quell’alleata che non era mai stata, e soprattutto Anna trova in Peter, il figlio dei Van Daan, un amico sincero e affettuoso al quale può aprire il suo cuore. La relazione tra i due si fa più intima, anche se la ragazza è consapevole di non esserne innamorata; ma è un rapporto che aiuterà i due adolescenti a farsi forza a vicenda, nell’attesa della liberazione.

A metà del 1944, a due anni dall’inizio della clandestinità, Anna ha ormai 15 anni, è consapevole della sua dote di scrittrice e ha grandi progetti per il futuro. I russi sono alle porte della Polonia e la fede nell’uomo, incrollabile in lei, la sostiene ancora.

Questa maledetta guerra dovrà pur finire, e allora saremo dinuovo uomini, e non soltanto ebrei.


Autore

Annelies Marie Frank (Anna) è nata a Francoforte nel 1929 e morta nel campo di concentramento di Bergen-Belsen nel febbraio/marzo del 1945. I suoi genitori sono ebrei tedeschi benestanti, vissuti in Germania fino al 1933, quando l’ascesa al potere di Hitler e le prime rivendicazioni antisemite preoccupano il Signor Otto Frank e lo costringono a fuggire in Olanda. Nel 1942 la situazione precipita anche ad Amsterdam e i Frank trovano rifugio in un appartamento segreto, dove resteranno per più di due anni, confinati nel silenzio e nell’isolamento, tra conflitti personali, convivendo con il terrore di essere scoperti.

Nell’agosto del 1944 la Gestapo farà irruzione nell’alloggio e li deporterà nei vari lager polacchi. Anna e la sorella Margot moriranno di tifo nello stesso campo di concentramento. L’unico a salvarsi sarà il padre, che rientrato in Olanda pubblicherà il diario che la figlia aveva tenuto durante tutta la reclusione, a testimonianza dell’orrore vissuto.


Recensione

Saprò scrivere qualche cosa di grande, diverrò mai giornalista e scrittrice? Lo spero, perché scrivendo posso fissare tutto, i miei pensieri, i miei ideali e le mie fantasie. Voglio continuare a vivere dopo la mia morte!

Funesto presagio quello che Anna scriveva sul suo diario. Anche se non ha visto realizzato il suo desiderio, è indubbio che il suo nome e il suo ricordo resteranno nella Storia per sempre. Anna Frank è riuscita a vivere oltre la sua morte. E con lei vivono i sette clandestini con cui ha condiviso l’alloggio segreto; vive l’assurdità di un’esistenza che non deve essere propria di una ragazzina di 13 anni. Nel momento più critico e felice della sua adolescenza, Anna si trova costretta a una non-vita, rinchiusa tra poche mura e molto buio, assordata dal silenzio del retrocasa e oppressa dalla mancanza di aria pura.

Il “Diario” di Anna Frank è uno dei documenti più importanti e significativi della storia dell’Olocausto, orma indelebile del nostro passato. Rappresenta un punto di vista differente rispetto a libri altrettanto famosi come “Se questo è un uomo” di Primo Levi. Ci mostra, infatti, un aspetto diverso della Shoah; non i campi di concentramento e quello che vi è stato fatto, ma la vita al di fuori, la semi-vita di tutti quegli ebrei che hanno tentato di salvarsi nascondendosi per mesi, a volte per anni. Lunghi momenti in cui la loro esistenza è rimasta in bilico tra la vita e la morte, spenta a poco a poco dalla paura, dalle malattie, dalla fame, dalla sfiducia nel prossimo.

Se inizia con una certa spensieratezza, tipica della vita di una tredicenne, questo diario ci trascina man mano in un abisso incomprensibile e in un intreccio di pensieri amaramente profondi. Lo stile di scrittura è semplice e spontaneo, ma il linguaggio è corretto e preciso, segno di una buonissima educazione e di una ricercatezza che probabilmente avrà sviluppato dopo aver sentito alla radio la volontà del Ministro dell’Istruzione olandese di pubblicare, a guerra finita, le descrizioni dell’Olocausto. Anna rivedrà infatti tutto il suo diario, nelle ultime settimane di reclusione, convinta di volerlo dare alla stampa una volta uscita dall’alloggio.

Man mano che i mesi passano, Anna si fa più matura e così anche la sua scrittura: i testi diventano più elaborati e introspettivi. Quello che mi ha meravigliato è la mancanza di espressioni di odio nei confronti dei tedeschi: Anna è arrabbiata, certo, incredula, incapace di comprendere perché il suo popolo l’ha tradita e messa al bando. Ma rinchiusa in quel piccolo spazio, mentre osserva di nascosto dalla finestra la vita che va avanti, cerca disperatamente di vivere la sua adolescenza, rallegrandosi della sua prima infatuazione, dei primi baci rubati, felice di aver trovato in Peter quel sostegno che i suoi non hanno saputo darle.

C’è una nota positiva e confortante di fondo, che la ragazza racchiude in uno dei suoi pensieri più famosi: la convinzione che fuori ci siano ancora uomini buoni. Uomini che rischiano la propria vita per aiutare i clandestini, portando loro, per due anni, viveri e notizie dall’esterno. Uomini che pur non partecipando direttamente alla loro fuga, hanno intuito la verità, ma hanno preferito mantenere il silenzio del segreto e voltare il viso quando passano davanti all’alloggio.

D’altronde, l’odio è un sentimento che va coltivato e ad Anna è mancato il tempo: tra le tante e varie emozioni che ha vissuto nella sua breve adolescenza, forse non c’era posto anche per quello. E alla fine della lettura, con tristezza, posso dire che forse si, se le avessero concesso la possibilità, sarebbe stata una grande scrittrice.


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