Il vecchio che leggeva romanzi d’amore – Luis Sepúlveda

Il vecchio che leggeva romanzi d’amore – Luis Sepúlveda

Titolo: Il vecchio che leggeva romanzi d’amore

Autore: Luis Sepúlveda

Editore: Guanda

Genere: romanzo

Pagine: 132

Prezzo: 10,00

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Trama

In Ecuador, lungo il fiume Nangaritza che scorre ai margini della foresta amazzonica, c’è un minuscolo paesino, El Idilio, dove si riuniscono coloni in cerca di terre, avventurieri e qualche shuar, gli indios locali. Tra loro, in una capanna di canne, con pochi mobili, un’antica fotografia della moglie e qualche libro d’amore, vive il vecchio Antonio José Bolívar Proaño, di origini spagnole. Dovrebbe avere più o meno settant’anni, ma non ne è certo. Si porta dietro un passato pesante e triste, che cerca di alleggerire leggendo romanzi con amori contrastati ma a lieto fine.

A soli tredici anni la famiglia combinò il suo matrimonio con Dolores Encarnación del Santísimo Sacramento Estupiñán Otavalo con la quale tirò avanti coltivando la terra del suocero fino a quando ebbero vent’anni. Dopodiché, spinti dalla miseria e desiderosi di fuggire dalle malelingue del paese che si accanivano contro la moglie, colpevole di non riuscire a dargli un figlio, i due sposi si rifugiarono a El Idilio, sfruttando la concessione di terre nuove da parte del governo. Ma il suolo era aspro, l’ambiente pericoloso e malsano e la donna morì ben presto di malaria. Invece di fuggire, Antonio José Bolívar si inoltrò nella foresta, dove vivevano gli shuar del posto, coltivando l’odio nei confronti della foresta amazzonica. Ma gli anni passavano e la rabbia si trasformò dapprima in accettazione, poi in rispetto e infine in amore. Gli shuar gli insegnarono tutto quello che sapevano sulla sopravvivenza nella foresta, sul cacciare gli animali selvaggi e sulle loro tradizioni. Lo consideravano uno di loro, per questo quando ci fu l’incidente con i bianchi, in cui morì il suo più caro amico di caccia, gli indios gli spiegarono che per colpa sua, essendosi vendicato con le armi dei coloni, armi che violano la morte con il dolore, l’anima dell’indio era condannata per sempre e lui doveva lasciare l’accampamento.

Così fece ritorno a El Idilio, dove costruì la sua capanna e continuò a vivere serenamente con quello che gli offriva la foresta, leggendo i romanzi d’amore che il dottor Rubicundo Lachamín, il dentista, gli portava due volte l’anno. Da quando aveva scoperto di saper leggere, infatti, le sue giornate passavano regolari nell’attesa impaziente di dedicarsi ai suoi libri, leggendo e rileggendo quelle storie di innamorati che attraverso gli ostacoli riuscivano a sopraffare la fortuna.

Leggeva lentamente, mettendo insieme le sillabe, mormorandole a mezza voce come se le assaporasse. Quando un passaggio gli piaceva particolarmente lo ripeteva molte volte, tutte quelle che considerava necessarie per scoprire quanto poteva essere bello anche il linguaggio umano.

La tranquillità della sua pacata esistenza viene interrotta bruscamente da un gruppo di gringos americani arrivati come sempre per fotografare, deridere e portar via ricordi. Quando uno di loro uccide per divertimento i cuccioli di un tigrillo, un felino tipico di quella foresta detto anche gatto-tigre, l’animale si vendica facendo a pezzi il bianco. Il paese è in pericolo, la bestia non si fermerà. Accecato dal dolore continuerà ad attaccare gli uomini. Così, quando il sindaco organizza una spedizione per stanare la femmina assassina, il vecchio Antonio José Bolívar è costretto a unirsi al gruppo, anche se controvoglia, e affrontare la foresta e il felino, con tutti i suoi settant’anni che gli pesano sulle spalle.


Autore

Luis Sepúlveda è stato uno scrittore, giornalista, sceneggiatore e regista cileno nato nel 1949. Impegnato fin da ragazzo nella politica, ha avuto una vita estremamente complicata, che lo ha portato fuori e dentro il suo paese, a seconda di chi deteneva il potere. Dopo un periodo felice, in cui entra a far parte della guardia personale del generale Allende, il colpo di stato di Pinochet lo condanna all’ergastolo. Dopo mesi di tortura, solo l’intervento di Amnesty International riesce a salvarlo, costringendolo però all’esilio, durante cui opera con l’Unesco e Greenpeace, venendo a contatto con gli Indios dell’America Latina.

Trasferitosi in Spagna, ha proseguito con la sua scrittura militante e con opere dedicate ai ragazzi. Nel 2020, dopo un lungo ricovero, è morto a causa dell’infezione covid-19. Tra i romanzi più famosi “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”, “Il mondo alla fine del mondo”, “Diario di un killer sentimentale”, “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare“, “Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa“, “Incontro d’amore in un paese in guerra”, “Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà” e “Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico“..


Recensione

Il vecchio che leggeva romanzi d’amore” è il primo romanzo per adulti di Luis Sepúlveda che mi sia capitato di leggere. Dopo tutte le dolci favole per ragazzi che ho letto, ho ritrovato nelle pagine di questo libro una scrittura familiare e meravigliosa, tanto più apprezzata in questo scritto che finalmente parla la mia lingua. Quella degli adulti, di persone che prendono decisioni per se stesse e per gli altri, che influiscono più o meno direttamente con il loro comportamento sui cambiamenti del pianeta che abitiamo e di cui, forse, abbiamo capito di essere solo ospiti. Con la solita scrittura semplice e quotidiana, con uno stile pacato ma trascinante, dolce e comunicativo, Sepúlveda riesce a incantare con questa storia breve ma intensa.

Ho ritrovato in queste vicende elementi che ricorrono nelle opere di altri autori latinoamericani che come lui hanno parlato delle loro terre e dei loro popoli, da Gabriel García Márquez a Isabel Allende. Ma c’è una differenza secondo me notevole tra le loro scritture: quella di Sepúlveda rimane sempre legata alla realtà: non c’è magia, non ci sono strambi personaggi dotati di chiaroveggenza, non esistono amuleti portentosi e non ci sono eventi ammantati di mistero. C’è solo l’uomo, con i suoi persistenti errori, con la sua voglia di vivere, con il suo rapporto eternamente conflittuale con la natura. Già in questo libro, che è uno dei primi scritti dall’autore cileno, emerge prepotente la critica, nemmeno troppo velata, contro lo sfruttamento dell’ambiente da parte dell’uomo bianco. In questo caso l’oggetto di disputa è la foresta amazzonica, rovinata dall’uso scorretto delle sue terre, dal disboscamento incontrollato, da uno sfruttamento corrosivo che porterà alla sua riduzione.

Antonio José Bolívar si occupava di tenerli a freno, mentre i coloni rovinavano la foresta costruendo il capolavoro dell’uomo civilizzato: il deserto.

Imponendosi con prepotenza e superiorità alle culture indios del luogo, i bianchi hanno profanato la foresta e calpestato le tradizioni degli shuar, portando una morte indegna sia agli animali che agli uomini.

Tu sei il cacciatore dei bianchi, quello che ha una doppietta, quello che viola la morte avvelenandola col dolore.

Le nuove armi dei gringos, con la loro brutalità, disturbano le tradizioni indigene, negando ai morti la pace che può derivare solo dal concedere loro la possibilità di lottare con coraggio. La polvere da sparo, con la sua violenza immediata, disonora il morto, recandogli sventura eterna. Ma la ferocia dell’uomo non si ferma trai suoi simili; si reca in profondità nella foresta, dove uccide per il gusto di farlo, di un trofeo che sarà presto dimenticato, di una pelle che sarà gettata a marcire in un angolo, o di una fotografia con l’animale ucciso che sarà mostrata in patria con orgoglio. Antonio José Bolívar, inizialmente arrabbiato con la foresta che gli ha tolto la moglie e la pace, impara ben presto a farne parte, a capire le sue regole e a rispettarle, per poter sopravvivere. Così, senza accorgersene, diventa parte integrante dell’ambiente e compagno fidato degli indios shuar, che lo trattano da fratello.

Lui non era uno di loro, ma era come uno di loro.

Il romanzo è un canto alla natura, per la quale l’autore si è battuto per tutta la sua vita, e che tornerà sempre più forte nelle opere successive; una richiesta di aiuto per la salvaguardia dell’ambiente e delle tradizioni indigene dei paesi in cui ha vissuto per anni. Sullo sfondo di questa preghiera, il protagonista, che sta invecchiando e diviene sempre più lento e affaticato, scopre l’amore per la lettura, che lo rapisce completamente e lo trasporta in un mondo diverso, senza orrori, senza cattiveria, dove i protagonisti dei libri riescono con coraggio a contrastare la sfortuna e i pericoli e a far vincere l’amore.

Si avviò verso El Idilio, verso la sua capanna, e verso i suoi romanzi, che parlavano d’amore con parole così belle che a volte gli facevano dimenticare la barbarie umana.

E’ per questo che il vecchio va alla ricerca continua di libri d’amore, per sentirsi vivo, per scoprire che l’uomo può modificare il proprio destino grazie a un sentimento così forte, grazie alle emozioni vere, quelle di amori profondi e sinceri e non solo carnali.

– Di che si tratta?

– Dell’amore

– Con belle femmine calde?

– No. Si tratta dell’altro tipo di amore. Quello che ti fa stare male.

Il vecchio che leggeva romanzi d’amore” è un’opera indimenticabile, così come la figura del vecchio Antonio José Bolívar, con la sua dentiera avvolta nel fazzoletto e i suoi libri, trattati come se fossero il suo tesoro più grande. Il tesoro della letteratura, che ha il potere di farci sognare e, sognando, di migliorarci. A parte le favole per bambini, che lo hanno reso famoso in tutto il mondo, è questo il Sepúlveda che preferisco: veloce, sincero, attaccato alla realtà e sempre pronto a insegnarci qualcosa, a spingerci verso la parte migliore di noi. Un inno all’amore, alla lettura, ai sentimenti e al rispetto della natura. Un libro scorrevole e dolce, capace di trascinarti nella vita di questo vecchio che nell’affrontare il tigrillo dovrà probabilmente chiudere i conti con la foresta e con il suo passato.

A noi, alla fine del romanzo, resta la piacevole sensazione di aver letto un libro dalla scrittura eccezionale e ineguagliabile, di un autore che resterà per sempre nel ricordo della letteratura mondiale.

Sapeva leggere. Fu la scoperta più importante di tutta la sua vita. Possedeva l’antidoto contro il terribile veleno della vecchiaia.


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