L’alta fantasia – Pupi Avati

Titolo: L’alta fantasia

Autore: Pupi Avati

Editore: Solferino

Genere: romanzo, critica letteraria

Pagine: 168

Prezzo: 16,00

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Trama

14 settembre 1321. A Ravenna i figli, gli amici e i nobili che lo hanno sostenuto, assistono alla morte del grande Dante Alighieri, mentre ad Avignone il Pontefice e i cardinali tirano un sospiro di sollievo per la scomparsa del tanto odiato eretico. Trent’anni dopo, Firenze invia Giovanni Boccaccio, stimato poeta e scrittore, grande conoscitore di Dante, dalla figlia Beatrice, monaca in un convento di Ravenna, per risarcirla con dieci fiorini d’oro dell’ingiusta accusa che lo costrinse all’esilio.

Inizia in questo modo il viaggio di Boccaccio, che lo porterà a ripercorrere l’infanzia del Sommo Poeta e la nascita del suo amore per Beatrice; lo sviluppo dei suoi primi sonetti e dell’amicizia con Guido Cavalcanti, fino all’esilio dalla sua amata Firenze e gli anni passati a scrivere la sua Commedia, nel tentativo di essere un giorno riammesso in città e ottenere gli onori per la sua opera letteraria.


Autore

Pupi Avati è tra i grandi maestri del cinema italiano: regista, sceneggiatore e produttore. Come scrittore ha pubblicato la sua autobiografia “La grande invenzione” e diversi romanzi, tra cui “L’archivio del diavolo”, “Il signor diavolo”, “Il ragazzo in soffitta” e “L’alta fantasia. Il viaggio di Boccaccio alla scoperta di Dante“.


Recensione

Esperti o non esperti, conoscitori o meno, amanti o no, credo che Dante sia una delle figure che più hanno incuriosito l’uomo, da quando la sua Commedia fu pubblicata. Di testi che possono essere inseriti nella critica letteraria ne esistono tantissimi, molti dei quali destinati solo a un particolare tipo di lettore. Quello che vi posso dire di questo libro, invece, è che ha la caratteristica di essere adatto davvero a tutti. Non è un saggio, non è una biografia, non è una raccolta di versi tratti dalle sue opere. “L’alta fantasia” è il tentativo del maestro Avati di mostrarci il Sommo Poeta in una veste diversa, e attraverso gli occhi di un altro artista che lo venerò fortemente e lo considerò suo mentore: Giovanni Boccaccio. Innanzitutto ci tengo a sottolineare che lo stile di scrittura di Pupi Avati è sì elegante e ricercato, in alcuni punti addirittura poetico, ma sempre comprensibile e fluido, e mai noioso. Il linguaggio si adatta bene a un saggio, ma ha quel calore e quella scorrevolezza che ne fanno un romanzo intimo e affascinante.

Il testo di Pupi Avati è un misto di notizie reali, di eventi che potrebbero essere accaduti come lui li descrive, e di alcuni passi di pura fantasia. Con un palese amore nei confronti del poeta, Avati ci mostra la giovinezza di Dante, la nascita del suo amore per Beatrice, l’inizio della sua attività letteraria, le ultime ore prima della morte prematura.

Gli occhi di Beatrice erano di un turchino verdiccio simile a quello del mare. Quell’incontro di sguardi si riverberò nell’universo:

“D’allora innanzi dico che Amore segnoreggiò la mia anima”

Sullo sfondo della narrazione seguiamo Giovanni Boccaccio nel suo viaggio verso il convento dove vive la figlia di Dante, suor Beatrice, mentre la vita dei due poeti continua ad intrecciarsi in una serie di flashback. L’intento di Boccaccio è trovare più informazioni possibili sul grande Poeta, possibilmente attraverso la figlia, nella speranza di capire il rapporto dello scrittore con la sua straordinaria capacità creativa. Boccaccio ha passato gran parte della sua vita cercando di ripristinare presso i fiorentini la fortuna del poeta; l’amore che provava nei confronti di Dante trasuda dalle pagine del romanzo, avvolgendo il lettore che ne rimane colpito e affascinato.

Non sapevo che si potesse scrivere del proprio dolore in modo così confidente, fino a quando non lessi la storia del suo innamoramento per Beatrice e la sua morte. Il suo genio poetico gli ha permesso di raccontare quello che avrebbe desiderato vivere (…) in modo tale da far sì che la sua emozione divenisse l’emozione del mondo.

Così come, allo stesso tempo, ci mostra anche quanto la sua città e il Papato arrivarono a detestarlo, per le sue scelte politiche e per i richiami ad alcune famiglie nobili italiane presenti nella Commedia.

«…il cardinale del Poggetto ci manda notizie della morte in Ravenna di quell’eretico…»

Un generale mormorio di sollievo si diffuse sotto la volta della grande sala.

Se volete potete leggere il testo accompagnandolo con le musiche che Avati ha scelto per ogni brano, e che ne esprimono a volte la forza dei sentimenti, spaziando dalla musica classica al jazz. Dalle pagine di questo romanzo esce un Dante che ha amato, ha sofferto, si è dedicato anima e corpo alla sua opera, e ha sperato fino all’ultimo di poter rientrare nella sua Firenze. Io amo Dante e la sua Divina Commedia, ma avrei apprezzato ugualmente questo libro che, senza troppa ambizione, ci presenta il lato umano dell’uomo che fu, e che risulta molto più interessante e affascinante di un trattato storico o letterario, disegnando anche un Medioevo diverso, più oscuro, più cupo, dove le malattie erano all’ordine del giorno e le morti improvvise non destavano stupore. Un periodo in cui una scelta politica sbagliata poteva costare l’intero patrimonio familiare e la povertà, persino a uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. Non posso quindi che consigliarvi questo breve testo, che vi accompagnerà in un viaggio a volte triste ma ricco di straordinaria poesia.


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