Il filo avvelenato – Laura Purcell
Titolo: Il filo avvelenato
Autore: Laura Purcell
Editore: Mondadori
Genere: romanzo gotico, horror
Pagine: 414
Prezzo: 19,00
Trama libro
Inghilterra, 1800. Due ragazze completamente diverse incrociano il loro destino alla Oakgate Prison, dove Ruth, appena sedicenne, indigente e sola al mondo, è accusata di omicidio ed è in attesa del processo che la condannerà all’impiccagione. Dorothea Truelove, invece, è una signorina benestante, bella e colta che passa le sue giornate sfuggendo a un matrimonio di convenienza e dedicandosi a opere caritatevoli, come redimere le donne del penitenziario. Allo stesso tempo, andando contro ogni morale della società in cui vive, studia le tesi della nuova frenologia, secondo cui la conformazione del cranio di una persona può spiegare quasi tutti i suoi comportamenti. L’incontro con Ruth è quindi l’occasione perfetta per dare sostegno alle sue idee, studiando le sue ossa di giovane assassina. Quello che Dora non si aspettava era di trovarsi invischiata in una storia inquietante e sordida di povertà, dolore, sfruttamento e rabbia, che nasconde il terribile segreto della giovane Ruth. Una cosa così grande e così surreale, nel suo orrore, che Dora fatica a credere alla storia che la ragazza le racconta durante le sue visite alla prigione, e che mette in dubbio tutto quello in cui crede. Nessuno sarebbe infatti capace di uccidere una persona semplicemente con un ago. Deve essere tutto frutto della mente malata e deviata di Ruth. Nessuno potrebbe crederle. Nessuno, eccetto Dora.
Autore
Laura Purcell è un’autrice britannica, che ha lavorato come libraia prima di iniziare la sua carriera di scrittrice. Ha esordito con due romanzi storici, per poi arrivare in Italia con “Gli amici silenziosi” e “Il filo avvelenato“, entrambi romanzi gotici.
Recensione libro
«Con un ago non puoi fare del male a nessuno, Ruth.» Ha chinato la testa scura. Avevo la pelle d’oca.
«Ne siete convinta?»
Si può prendere un oggetto quotidiano, innocuo e semplice come un ago, e farlo diventare il fulcro di un vero e proprio incubo? Laura Purcell l’ha fatto, e devo dire anche in modo talentuoso e geniale. Era tempo che un libro non mi creava sensazioni così forti: ansia, rabbia, frustrazione, inquietudine e anche, lo ammetto, un pizzico di soddisfazione nella vendetta. Fin dalle prime pagine la scrittura singolare della Purcell mi ha incuriosito per la sua peculiarità. Le due protagoniste si alternano nel racconto e mentre Dorothea narra la vicenda al presente, passando dalla sua vita privata agli incontri con Ruth, la giovane assassina racconta invece alla donna, giorno dopo giorno, tutta la vicenda che l’ha trascinata via della sua famiglia, attraverso la reclusione a casa Metyard, fino all’accusa di omicidio. La storia si dipana pacatamente, si prende il suo tempo, per trascinarti in una vita devastata dal dolore, dalla perdita e dai maltrattamenti che deve subire Ruth quando viene venduta dalla madre, ormai sul lastrico, al negozio di sarte di Mrs. Metyard. Ruth ha un dono inestimabile: i suoi lavori di ricamo sono opere di grande pregio e fantasia, lavori di una bellezza rara. Ma secondo la ragazzina sono anche impregnati dei suoi sentimenti più oscuri, come se tutto il dolore e la rabbia che prova possano passare attraverso l’ago e restare cuciti nei suoi ricami.
I miei pensieri, i miei punti. Tra le due cose c’era un legame inscindibile.
Ruth scopre a soli quindici anni che la vita è ingiusta e dolorosa, e non riesce a contenere i suoi sentimenti per quanto ci provi. Impara così, ben presto, che anche l’odio è una forza potente e che lei ha la capacità di usarla contro gli altri.
Si dice che l’odio sia un’emozione inutile, una forza distruttiva che non può condurre a nulla di buono. Non è così. Io alla rabbia mi sono aggrappata, l’ho brandita come un’arma.
E mentre leggi le vicende della povera Ruth, devi seguire Dorothea nella sua ricerca di una spiegazione scientifica e razionale alla follia della ragazza. Il suo cranio deve possedere quelle caratteristiche che avrebbero potuto prevedere il male che avrebbe generato. Se lei riuscisse a confermare le sue idee, quante persone potrebbero essere aiutate prima che il loro destino crudele si compia? L’ansia con cui cerca disperatamente una prova nel cranio di Ruth risulta quasi fastidiosa, tanto le sue convinzioni sembrano a volte ridicole, persino agli occhi del suo amato David.
Non mi piace l’idea che il nostro temperamento sia scritto nella forma del nostro cranio. In un certo senso è come negarci la possibilità di scegliere.
In poche pagine sei coinvolta in due storie cupe, ognuna delle quali nasconde le proprie tragedie; e per quanto sia distruttivo il dono di Ruth, quello che accade in casa Metyard è così disturbante e malvagio che ti ritrovi a voler credere disperatamente che quell’ago che impugna con tanta rabbia possa vendicarla. “Il filo avvelenato” è un ritratto impietoso e tetro dell’Inghilterra di metà Ottocento, dove alla sporcizia dei quartieri malfamati, alla povertà, alla fame, al freddo, allo sfruttamento minorile, si affianca la società benestante con le sue regole bigotte e la sua superficialità; la vita vuota e festosa di Dorothea, che disonora il padre con la sua voglia di studiare e di occuparsi di qualcosa che non sia la casa. Non saprei inquadrare questo libro in un unico genere, essendo al tempo stesso affresco storico, thriller velato di horror e molto altro ancora. Un romanzo oscuro e squisitamente gotico, una storia sinistramente inquietante, in bilico su una linea sottile tra la paura che sia tutto vero e la speranza che sia solo una bugia ben raccontata.
O forse no. Forse la parte più cupa di ognuno di noi vorrebbe che il filo con cui Ruth chiude i suoi splendidi punti sia davvero intriso di odio e sangue.
Orlo di pizzo sopra e sotto…ricami a piume di pavone marroni, viola e verdi. Un capolavoro. Come diceva mio padre, la mia arte svelava la vera me: bellissima e letale.
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