Il fu Mattia Pascal – Luigi Pirandello
Titolo: Il fu Mattia Pascal
Autore: Luigi Pirandello
Genere: romanzo
Editore: Feltrinelli
Pagine: 350
Prezzo: 8,50
Trama libro
Questa è la storia di Mattia Pascal, nato in un paesino di nome Miragno, e scritta da lui stesso su consiglio dell’amico Don Eligio, che ha preso il suo posto presso la biblioteca del Boccamazza dopo che Mattia è morto. Morto, si! Per ben due volte. Una storia tanto curiosa va ricordata, è per questo che Mattia Pascal decide di affidarla al vecchio reverendo quando l’avrà finita, di modo che possa far parte della collezione, quando sarà morto definitivamente per la terza volta.
Benestante di nascita, Mattia e il fratello Berto hanno vissuto senza preoccuparsi troppo del futuro, finché il padre è morto precocemente e la madre ha dovuto affidare la cura dei beni di famiglia a un amministratore, Batta Malagna, che pian piano dilapida le fortune dei Pascal. Ormai in condizioni economiche precarie, viene invischiato in un matrimonio riparatore con la giovane Romilda, di cui è peraltro innamorato.
Ma l’amore finisce presto e la vita di Mattia, già triste, si incupisce ancora di più con la morte della madre e della piccola figlioletta, unica sua gioia. Così, stordito, stanco e depresso, sale su un treno e si ritrova a Monaco, dove vince una grande somma di denaro al casinò. Può tornare a casa e pagare i debiti, e forse quel poco di fortuna allieterà finalmente il suo matrimonio.. ma mentre sta tornando a casa, legge su un giornale il suo necrologio: il corpo di Mattia Pascal è stato ritrovato privo di vita nella sua cascina, probabilmente suicida. E così, morto per la prima volta, è finalmente libero dalla vita. Seppellito Mattia Pascal, può nascere Adriano Meis. Ma si può davvero fuggire da tutto? Si può fuggire da quello che siamo?
Autore
Luigi Pirandello (1867-1936) è stato drammaturgo, scrittore e poeta italiano di notevole fama. Nel 1934 ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura, per il rinnovamento dell’arte drammatica e teatrale. Inizialmente non apprezzato dalla critica, divenne in seguito famoso in tutto il mondo, tanto che le sue commedie arrivarono anche a Broadway.
Dopo una iniziale prosperità economica, Pirandello dovette combattere per tutta la vita con problemi di liquidità, oltreché con la tristezza di accudire la moglie, affetta da una malattia mentale e chiusa ben presto in una casa di cura. Tra i romanzi e le opere teatrali che ne hanno sancito la notorietà ci sono “Il fu Mattia Pascal“, “I vecchi e i giovani”, “Liolà”, “Così è (se vi pare)”, “Il gioco delle parti”, “Sei personaggi in cerca d’autore“, “Uno, nessuno e centomila“, “Ma non è una cosa seria“.
Recensione
Per parlare di questo romanzo devo partire da un presupposto: sono arrivata a quella che è una delle sue opere maggiori dopo aver letto “Uno, nessuno e centomila” e “Sei personaggi in cerca d’autore“. Ero quindi non solo preparata alla scrittura di Pirandello e alle sue elucubrazioni, ma ne ero anche rimasta affascinata. Eppure “Il fu Mattia Pascal” non ha aggiunto quel qualcosa in più che mi aspettavo. L’ho apprezzato molto, come sempre, e trovo stupefacente come Pirandello abbia saputo usare la scrittura e la sua fantasia per portare l’uomo a tali riflessioni. Ma non posso dire che sia lo scritto che preferisco. Come sempre mi accade con questo grande e indiscusso maestro, la sua scrittura mi ha messo spesso in difficoltà: il linguaggio elegante e ricercato di inizio secolo è ben lontano dai nostri giorni, pieno com’è di termini desueti e ha bisogno di tutta l’attenzione possibile. Pirandello non si può leggere nei cinque minuti che avanzano tra un impegno e un altro. Ma se sarete fiduciosi e pazienti vi darà tante soddisfazioni.
La sua abitudine di far parlare il protagonista in prima persona avvicina il lettore alla storia, rendendolo partecipe delle sue riflessioni psicologiche sulla vita e sull’uomo. Come accadde anche per “Sei personaggi in cerca d’autore“, quando fu pubblicato il libro riscosse critiche feroci che lo accusavano di essere inverosimile. Eppure, a ben guardare, questa inverosimiglianza assomiglia tanto ad alcuni strani giochi del destino che spesso ci offre la vita. E lo stesso autore fu costretto ad aggiungere una “Avvertenza” a fine lettura, in cui spiegava come l’arte non ha la necessità di essere verosimile, perché la vita stessa non lo è. Anzi, si può dire che la vita reale è spesso più fantasiosa dell’arte.
Le assurdità della vita non hanno bisogno di parer verosimili, perché sono vere. All’opposto di quelle dell’arte che, per parer vere, hanno bisogno d’esser verosimili.
Ma cosa abbiamo alla fine, nella storia del protagonista, il defunto Mattia Pascal? Di sicuro un primo accenno a quello che sarà un tema tanto caro all’autore: l’essere umano porta una maschera davanti agli altri e ne porta tante quante sono le persone che lo osservano. Quando Mattia si ritrova morto, per iniziare una nuova vita deve usare la maschera di Adriano Meis e cambiare aspetto, passato e modo di agire. Ma questa maschera può essere portata solo perché è utile a una nuova vita; nel momento in cui capisce che questa vita non è possibile crearla, Mattia non si riconosce più allo specchio e non può convivere con un aspetto che non è utile a nessuno.
Siamo giusti, io mi ero conciato a quel modo per gli altri, non per me. Dovevo ora star con me, così mascherato? E se tutto ciò che avevo finto e immaginato di Adriano Meis non doveva servire per gli altri, per chi doveva servire? per me? Ma io, se mai, potevo crederci solo a patto che ci credessero gli altri.
Ma come è arrivato a questo scontro con se stesso Mattia Pascal? Ha approfittato della sua morte (o perlomeno di quella del povero corpo che è stato riconosciuto come il suo) per ritrovare quella libertà che sentiva di aver perso per i casi sfortunati della sua vita. Finalmente libero da moglie, suocera e debiti, può inseguire quella felicità che tanto agogna. Ma si può essere felici se si è soli con se stessi?
La noia, per Adriano Meis, diviene presto una fonte di nuovo dolore. E si annoia perché scopre quasi subito che uscire da quelle regole della vita, da quelle leggi comuni che lo avevano assillato in vita, non gli permettono, in morte, di stringere amicizie, di trovare un lavoro, di affittare una casa, pena il dover esibire documenti che non possiede, pagare tasse e inventare un passato. Adriano Meis allora vive osservando le vite degli altri, senza riuscire ad averne una sua. Quando vede la sua nuova figura, con i capelli lunghi, sbarbata, non si riconosce più e la maschera che ha creato per gli altri è una versione di sé che non riesce a sopportare.
Ma la vita, a considerarla così, da spettatore estraneo, mi pareva ora senza costrutto e senza scopo.
E allora decide di tornare a Miragno, di far morire Adriano Meis e far rivivere Mattia Pascal. E quale dolore più grande che scoprire che in soli due anni tutti in paese lo hanno dimenticato? Mentre passeggia per le vie nessuno lo riconosce, tanto che lui stesso dubita della sua persona. Guardandosi allo specchio si chiede chi ci sia ormai sotto quegli abiti.
Ah, che vuol dir morire! Nessuno, nessuno si ricordava più di me, come se non fossi mai esistito…
Possiamo sfuggire alla nostra vita, fingere di essere altro, diventare altro? O i casi della vita ci definiscono e ci creano in un modo che non può essere cambiato? Quelle convenzioni sociali che lo opprimevano e dalle quali voleva liberarsi, sono le stesse che lo rendevano una persona reale, pur dietro la maschera. Senza di quelle pare non si possa sopravvivere
fuori della legge e fuori di quelle particolarità, liete o tristi che siano, per cui noi siamo noi, caro signor Pascal, non è possibile vivere.
Oltre a questa introspezione psicologica della figura di Mattia Pascal, Pirandello ci trascina in discussioni e pensieri sulla morte, sull’anima, sulla inutilità del progresso, sulla democrazia, sullo spiritismo, sull’amore e gli affetti. Un’opera quindi enorme e ricca di spunti di conversazione, alcuni dei quali verranno meglio esposti nelle opere successive. Qui, come se già non fosse abbastanza complicato stare dietro a ogni singolo ragionamento, Pirandello li tocca quasi tutti, per il dispiacere di centinaia gli studenti costretti a leggerlo dal professore di letteratura, e il piacere di chi, come me, cerca di capirlo ora che ha sufficiente pazienza per leggerlo con attenzione e senza pregiudizi.
E così, mentre il mio rapporto con il maestro si fa sempre più complicato, inizio finalmente a entrare in sintonia con il suo stile, riuscendo ad apprezzare quella sua fantasia ironica e beffarda che tanto si rifà alla vita reale.
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