Mille splendidi soli – Khaled Hosseini
Titolo: Mille splendidi soli
Autore: Khaled Hosseini
Editore: Piemme
Genere: romanzo
Pagine: 432
Prezzo: 11,50
Trama libro
1974, Afghanistan. Mariam ha quindici anni, vive con la madre in una kolba appena fuori Herat, su una collina dalla quale può osservare la città e fantasticare su quel padre che viene a trovarla una volta a settimana e le parla dei film che proietta nel suo cinema, del mondo fuori dal loro paese, e le porta dolci e piccoli doni. Ma alla sera, puntualmente, la lascia alla sua vita, quella di una harami, una bastarda. Quando la madre muore improvvisamente, e l’uomo la porta a Herat nella sua casa, Mariam pensa per un attimo che potrebbe finalmente far parte della famiglia, come tutti gli altri suoi figli legittimi. Ma le mogli di Jalil non possono accettarla e risolvono la questione nell’unico modo possibile: le trovano un marito, vecchio, rozzo e dalla mente ristretta, che la porterà il più lontano possibile da loro, a Kabul.
1987, Kabul. Laila ha nove anni, ha un migliore amico che si chiama Tariq, che ha perso una gamba su una mina quando era piccolo, ha un padre che adora e una madre che un tempo è stata affettuosa e vitale e ora passa la giornata sotto le coperte, cercando di soffocare il dolore per la perdita dei suoi figli maschi, che si sono uniti alla jihad. Le vite di queste due donne così diverse tra loro si incrociano in un destino inevitabile, fatto di dolore, perdita e sopportazione, ma anche amicizia, mentre intorno a loro l’Afghanistan passa da un governo all’altro e le guerre incombono sul paese distruggendo intere famiglie.
Autore
Khaled Hosseini è uno scrittore e medico afghano, naturalizzato statunitense. Nato a Kabul nel 1965 da un diplomatico e un’insegnante, è cresciuto tra Afghanistan, Iran e Francia. Quando i sovietici sono arrivati nel paese, la sua famiglia, per paura delle possibili conseguenza della guerra, ha chiesto asilo politico agli Stati Uniti nel 1980. Da allora vive in California, dove si è laureato in medicina. Ha raggiunto il successo con il suo primo libro, divenuto subito un best seller “Il cacciatore di aquiloni“, seguito da “Mille splendidi soli” e “E l’eco rispose“. Oggi è un inviato dell’UNHCR, l’agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
Recensione libro
E’ difficile parlare di “Mille splendidi soli”. Lo era quindici anni fa quando è uscito, e lo è ancora di più oggi, se ci si ferma a pensare che probabilmente Hosseini non avrebbe immaginato che la Storia proseguisse come poi ha fatto. Io che l’ho letto allora e poi di nuovo oggi, credo che ci siano due modi di vedere questa storia, diversi tra loro, separati inesorabilmente da vent’anni di vita. C’è una prima lettura, in cui dietro il dolore e la rabbia, il lettore coglie un alito di speranza, una possibilità di cambiamento. E c’è la seconda lettura, quella che porta con sé la disfatta degli eventi che stiamo vivendo ora, in questo triste periodo storico. In entrambi i casi, il libro di Hosseini ripercorre la storia dell’Afghanistan dagli anni ’70, appena prima del colpo di stato nel quale fu ucciso il Presidente Daud Khan e che diede inizio alla rivoluzione, alla nascita della Repubblica Democratica, e poi all’arrivo dei Sovietici, a cui corrispose un’apertura verso la libertà delle donne, la ricostruzione del paese, ma anche a una nuova guerra interna contro i mujahidin. Fino ad arrivare all’abbandono del paese da parte dei russi, all’arrivo dei talebani e del periodo di terrore, della mancanza totale di libertà, fino alle Torri Gemelle e all’intervento degli Stati Uniti. Attraverso la storia dei suoi protagonisti, Hosseini ci offre un quadro chiaro e sintetico dei cambiamenti di potere all’interno di un paese che da più di trent’anni è distrutto da governi feroci, che non hanno risparmiato neanche i civili.
Sullo sfondo di questo dramma storico si intrecciano le vicende delle due protagoniste, Mariam e Laila. I personaggi di Hosseini sono così forti che quasi bucano le pagine per venirti incontro e prenderti per mano, accompagnandoti in un viaggio fatto di dolore, perdita, speranza, frustrazione, rassegnazione e sopportazione. In questo libro lo scrittore si sofferma in particolare sulla situazione della donna, un essere inferiore, indegno dell’uomo, che per la maggior parte degli afghani non ha nessun diritto, ma solo tanti doveri. “Mille splendidi soli” è una lettura dolorosamente scorrevole, caratterizzata da uno stile fluido e pacato, ma intenso e intimo. Ti senti trasportato sull’onda di emozioni contrastanti, dalla rabbia al dolore, dall’incomprensione allo sconcerto; sei lì con queste due donne e vivi le loro vite come se le osservassi attraverso il vetro di una finestra, e non puoi smettere di leggere, anche se a volte il dolore è tanto e vivido. E così continui, sperando di capire, ma più leggi meno comprendi, in un circolo senza fine che ricorda tanto la vita delle protagoniste.
Imparalo adesso e imparalo bene, figlia mia. Come l’ago della bussola segna il nord, così il dito accusatore dell’uomo trova sempre una donna cui dare la colpa. Sempre. Ricordalo, Mariam.
Da occidentale, con una cultura alle spalle diversa da quella afghana, ho faticato a ritenere reali molti aspetti della loro vita quotidiana. Mi sono sempre detta, tra l’altro, che ogni cultura è differente e non va giudicata. Ma non posso evitare di chiedermi perché, come donna, devo vergognarmi di guardare un uomo negli occhi; non posso non chiedermi perché un uomo rischi il suo onore e il suo orgoglio se permette alla moglie di mostrare il viso. E perché non possiamo ricevere un’istruzione? Perché non possiamo lavorare?
«Che senso ha dare un’istruzione a una ragazza come te? Sarebbe come lustrare una sputacchiera. C’è una sola abilità che serve a donne come te e come me: il tahamul. La sopportazione»
Dopo un breve periodo di libertà, in cui Laila è convinta che ci sia speranza per un futuro migliore, un futuro in cui lei possa occupare un posto importante, come le dice il suo Babi, l’Afhanistan ricade nei vecchi costumi: matrimoni combinati con ragazze troppo piccole per abbandonare i giochi, burka pesanti che limitano molto più della vista, una vita di guerriglia continua, in cui le città vengono bombardate e le famiglie continuano a perdere i loro cari; violenza nelle case e violenza in strada. Quella di Mariam e Laila è la storia di tutto quello che le donne hanno dovuto sopportare in silenzio, consapevoli di non potersi ribellare.
Prima che la sua vita venisse sconvolta alle fondamenta, Laila non avrebbe mai creduto che un corpo umano fosse in grado di tollerare tante percosse, somministrate con tanta cattiveria e tanta regolarità, e che nonostante tutto continuasse a funzionare.
Ma questa è anche una storia d’amore, perché non tutti gli uomini sono uguali e Laila trova in Tariq una persona che la vede davvero per quello che è. E’ la storia dell’amore per i figli, quello che prova Laila per i suoi, per i quali farebbe qualunque cosa pur di proteggerli, e quello di Mariam per la famiglia che non ha mai avuto. E’ la storia di un’amicizia che nasce dal dolore e aiuta le due donne a sopportare gli anni di infelicità comune. “Mille splendidi soli” è un libro forte, che ti costringe a guardare qualcosa che non hai piacere a osservare: la vita degli altri, quella di popolazioni dove non vige l’uguaglianza e la pace, ma dove la quotidianità sono la violenza, la morte e la paura. E se alla fine del romanzo le storie di Mariam e Laila ti lasciano un frammento di speranza, all’arrivo dell’esercito americano e della costruzione di una società più pacifica ed equa, leggendolo oggi, alla luce degli scorsi eventi, ti senti derubato di quella speranza, disilluso e deluso, e quell’ultima frase che aveva lo scopo di combattere il dubbio di alcuni afghani, suona invece come un terribile presagio.
Sopra la porta dell’aula Zaman ha tracciato quattro versi, la sua risposta, Laila lo sa, a coloro che brontolano perché gli aiuti in denaro promessi all’Afghanistan non arrivano, perché la ricostruzione procede troppo lentamente, perché c’è corruzione, perché i talebani si stanno già riorganizzando e torneranno per vendicarsi, perché il mondo si dimenticherà ancora un volta dell’Afghanistan.
Ed è triste. Triste rendersi conto, a fine lettura, che la sofferenza e la sopportazione di un popolo, di tante Mariam e tante Laila, sia stata vana, se solo una manciata di giorni è stata sufficiente a riportare indietro il paese di vent’anni. Ed è ancora più triste realizzare di aver sperato in qualcosa che forse non potrà mai avverarsi.
Laila, tesoro, il solo nemico che l’Afghanistan non può sconfiggere è se stesso.
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