Non dirmi che hai paura – Giuseppe Catozzella

Non dirmi che hai paura – Giuseppe Catozzella

Titolo: Non dirmi che hai paura

Autore: Giuseppe Catozzella

Editore: Feltrinelli

Genere: romanzo

Pagine: 236

Voto del Pubblico (IBS): 3,8 su 5

Prezzo: 9,50

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Trama

Samia Yusuf Omar ha solo 8 anni quando capisce di avere un’attitudine per la corsa e che il suo sogno è quello di essere un atleta. È cresciuta a Mogadiscio, in Somalia, in una casa occupata da due famiglie che dovrebbero essere nemiche, appartenenti a due clan in guerra tra loro, e invece legate da sempre da una immensa amicizia. Alì, dall’altra parte del cortile, ha la sua età e la chiama abaayo, sorella. All’inizio del 2000 la situazione nel paese si fa sempre più pesante e le condizioni di vita sempre più dure, ma i due ragazzini crescono coltivando la passione di Samia per la corsa, allenandosi per le strade della città e la notte, di nascosto, nello stadio di Mogadiscio. La prima vittoria di Samia alla corsa annuale della città la elettrizza, convincendola che un giorno diverrà la velocista più famosa della Somalia.

Un giorno guiderai la liberazione delle donne somale dalla schiavitù in cui gli uomini le hanno poste. Sarai la loro guida, piccola guerriera mia.

Con in testa le parole del padre, Samia continua l’allenamento con l’unico desiderio di diventare una campionessa per la liberazione del suo popolo e delle donne dell’Islam, spinta anche dal successo del suo connazionale Mo Farah, che pochi anni prima ha lasciato il paese ottenendo la cittadinanza britannica e divenendo famoso come mezzofondista.

Ma Samia non vuole lasciare la sua amata Somalia. La vuole cambiare. E così la foto di Mo Farah resta appesa sopra il suo letto per anni, incitandola a correre sempre più veloce. Anche quando tutto intorno a lei va in pezzi. Quando deve abbandonare i suoi veli dai colori sgargianti e correre chiusa in un burqa nero che le blocca i movimenti. Quando gli integralisti arabi costringono alla fuga le famiglie dei clan darod, tra cui il marito della sorella Hodan e il suo grande amico Alì. Sola e senza allenatore, la ragazza ha ancora la sua forza di volontà. Dopo aver vinto la corsa di Hargeysa viene notata dal Comitato Olimpico somalo, che decide di prepararla per la competizione internazionale di Gibuti. Ma il paese per il quale Samia vuole vincere si fa sempre più ostile e il suo non rispetto delle regole del Corano sempre più pericoloso: Samia diviene la piccola sovversiva.

A 17 anni realizza finalmente il suo sogno: il Comitato somalo la fa partecipare alle Olimpiadi di Pechino del 2008. Nonostante arrivi ultima, per la giovane atleta è un trampolino di lancio verso i Giochi Olimpici di Londra del 2012, quelli in cui aveva promesso al padre che avrebbe vinto. Ma ormai è troppo tardi. Il passo necessario per arrivare a Londra è diventare una tahrib, una clandestina in attesa del visto per lasciare la Somalia; permesso che in due anni non è mai stato concesso. Così, velocemente come tutte le verità che ha dovuto accettare nella sua vita, Samia capisce che il paese per il quale ha lottato non la desidera e la considera una figura scomoda e pericolosa. Ha perso gli anni più importanti della sua carriera. Se non può salvare il paese deve almeno salvare se stessa. E’ tempo di affrontare il Viaggio.

Nel luglio 2012 lascia l’alloggio del Comitato Olimpico e usa tutti i suoi risparmi per pagare i trafficanti che le faranno attraversare l’Africa fino alla Libia, dove salirà su una nave che la porterà in Italia. Verso la libertà.


Autore

Giuseppe Catozzella, classe 1976, è uno scrittore e giornalista italiano. Dopo la laurea in Filosofia decide di lasciare il paese per recarsi il più lontano possibile, in cerca di una situazione più favorevole, e si stabilisce in Australia per diversi anni. Tornato in Italia dopo aver pubblicato il primo romanzo “Espianti“, inizia a collaborare prima con Mondadori e poi con Feltrinelli. Oggi scrive su varie testate giornalistiche e alcuni settimanali; collabora come docente di letteratura italiana con la scuola Holden di Torino, fondata da Alessandro Baricco, e due università americane.

L’opera che lo ha reso famoso in Italia è “Alveare“, romanzo-inchiesta sulla presenza della ‘ndrangheta a Milano. Nel 2014 “Non dirmi che hai paura” diviene un best-seller, vincendo il Premio Strega Giovani. Seguono “E tu splendi” e “Il grande futuro”, che compongono quella che l’autore definisce la Trilogia dell’Altro, ossia lo Straniero, che deve attraversare tre momenti epici: il Viaggio, la Guerra e l’Approdo. Dopo la pubblicazione di “Non dirmi che hai paura” Catozzella è stato nominato dalle Nazioni Unite Ambasciatore per i rifugiati, per aver fatto conoscere al mondo la storia di una migrante.


Recensione

Ci sono storie che, anche se uniche, eclatanti, felici o tragiche, non conosci finché qualcuno non te le impone. E’ quello che è successo a me con la storia della piccola Saamiya. Deve essere passata inosservata ai miei occhi, come tante altre, troppe altre simili alla sua, nel caos dei nostri giorni, in cui vicende come questa non sono rare, ma tristemente comuni e per questo a volte sottostimate. Giuseppe Catozzella ha avuto la forza e la bravura di portare la vicenda dinuovo alla nostra attenzione, con dolcezza e precisione. Con un lavoro di mesi, sulle testimonianze di che ha vissuto questa storia, lo scrittore ci racconta con la voce ingenua, ma mai incerta, di una bambina di otto anni, una Guerra che non conosciamo davvero, portandoci in un paese devastato dalle ostilità, dalla paura, dalle restrizioni dell’integralismo islamico.

Catozzella ci accompagna in punta di piedi nel passaggio dai colori sgargianti delle donne somale, i profumi del cibo e le canzoni intonate intorno al burgico, alla pesantezza del burqa che le rende tutte ugualmente tristi e spezza i loro sogni; al coprifuoco; all’impossibilità di avvicinarsi al mare, per un popolo che ha costruito le sue case difronte all’oceano; al buio delle sere, in cui i lampioni vengono spenti e le famiglie non possono più leggere, né cantare le canzoni tradizionali.

Lo stile di Catozzella è piacevole e interessante; è la prima volta che leggo un suo libro e mi sento di consigliarlo a tutti, soprattutto alle nuove generazioni. La sua scrittura è veloce, a scatti, instancabile e movimentata, come se fosse impossibile da contenere; una corsa la sua, che racchiude l’anima irrefrenabile della piccola Samia, sempre in movimento, mai ferma, mai stanca, mai impaurita. O almeno è quello che cerca di far credere. Perché il padre le ha insegnato a non mostrare le sue paure, in modo da poterle contenere e dimostrare a chi vuole spaventarla che lei è più forte.

Non devi mai dire che hai paura, piccola Samia. Mai. Altrimenti le cose di cui hai paura si credono grandi e pensano di poterti vincere.

A differenza di altri romanzi, dove la situazione delle donne è raccontata in modo crudo e diretto, come nei libri di Hosseini, la grande protagonista di questo romanzo è sempre la speranza, fino alla fine, di una rivincita personale; di un cambiamento; dell’arrivo di una vita che tornerà a scorrere serena. Come già mi era accaduto leggendo il “Diario” di Anne Frank la guerra è sempre sullo sfondo, ma di rado protagonista. Sappiamo che è lì, la percepiamo, ne intuiamo la potenza distruttiva, ma senza la visione particolareggiata degli eventi. Per Samia e la sua famiglia, per i suoi amici, per tutti quelli che vivono intorno a lei, quello che per noi è impensabile è solo la normalità. E così la vita e i sogni di questa ragazzina restano i grandi protagonisti del libro.

Il percorso lento ma inesorabile attraverso il quale Samia rinuncia al suo paese è una delle cose più tristi che io abbia mai conosciuto. La consapevolezza raggiunta da una ragazza di nemmeno vent’anni che la gente in cui ha creduto l’ha tradita, è dolorosissima. Ancora più triste del Viaggio che i migranti affrontano per arrivare in Italia, nonostante sia al di là di ogni comprensione, talmente duro che resta difficile credere che sia vero. Durante il quale possono capitare cose che nessuno forse saprà mai, se non chi l’ha affrontato.

Ero talmente triste che non avevo paura di niente. La paura è un lusso della felicità.

La cosa più triste? Da cittadina italiana, il sentire che proprio il tuo paese fra tanti, coincide con la libertà. Quella parola, ripetuta spesso durante il Viaggio: Italia. Non Spagna o Inghilterra, o Grecia; nemmeno Europa o Occidente. No. Proprio Italia. Libertà. Una vita. La pace. Un futuro. E’ una responsabilità enorme a cui far fronte, per un popolo che è così abituato ad averla che per sapere cosa significa deve cercarlo sul dizionario.

Oggi mi chiedo se siamo degni di rappresentare una simile speranza. Oggi mi chiedo se siamo degni di tenere quelle funi.


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