Per questo mi chiamo Giovanni – Luigi Garlando

Per questo mi chiamo Giovanni – Luigi Garlando

Titolo: Per questo mi chiamo Giovanni

Autore: Luigi Garlando

Editore: Rizzoli

Genere: romanzo

Pagine: 154

Prezzo: 11,50

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Trama

Giovanni sta per compiere dieci anni, è siciliano e vive a Palermo. Ama collezionare le figurine dei calciatori nel suo album della Panini, che compra con le monete che gli regala il papà. Almeno quando può. Cioè quando Tonio, a scuola, non gliele requisisce con la forza. Ovviamente Tonio è il bullo della scuola e Giovanni sa bene che rifiutarsi potrebbe valergli un braccio rotto, come è successo al suo compagno Simone. E quindi niente figurine. Perché a scuola funziona così. Tre giorni prima del suo compleanno il papà gli fa il regalo più bello che mai avrebbe desiderato: una giornata intera da passare insieme. Niente lavoro, niente scuola, solo loro due, la spiaggia, un bel bagno al mare e magari anche un gelato. E soprattutto la promessa di sapere finalmente per quale motivo Bum, il suo peluche preferito, ha i piedi bruciati da sempre.

Quando inizia a raccontare la storia, il papà di Giovanni parte da molto lontano, da un altro bambino di nome Giovanni, un bambino che amava il mare come lui, andava bene a scuola e un giorno decise di fare qualcosa per aiutare le persone a combattere le ingiustizie, un po’ come l’Uomo Ragno. Così diventò avvocato, giudice e infine magistrato e si impegnò in una guerra vera e propria contro un mostro dai mille tentacoli ma invisibile, che minacciava la libertà dei palermitani. Attraverso questa storia, raccontata con passione e semplicità, ripercorriamo la vita di Giovanni Falcone, accompagnati in tutti i luoghi a lui più cari e in quelli dove si decise la sua sorte. Lo seguiamo nei suoi sforzi di dimostrare all’Italia degli anni ’80 e ’90 che la mafia esiste, ascoltiamo le limitazioni che questo lavoro impose alla sua vita, riviviamo lo scontro finale, la vittoria e infine il triste epilogo.


Autore

Luigi Garlando è un giornalista, cronista e scrittore italiano. Ha iniziato la sua carriera nel mondo dei fumetti, per approdare poi allo sport scrivendo per La Gazzetta dello Sport. E’ stato chiamato come inviato sportivo diverse volte per campionati mondiali di calcio, Olimpiadi e un Tour de France. Scrive romanzi per adulti e soprattutto per ragazzi, trattando sempre temi d’attualità, sia sociali che sportivi. Tra i libri che hanno avuto più successo ci sono “Per questo mi chiamo Giovanni” e “L’estate che conobbi il Che”, che gli valse il Premio Strega Ragazze e Ragazzi.


Recensione

Giravo intorno a questo libro da anni, da quando l’insegnante di mia figlia lo usò come testo scolastico. Mi sono sempre chiesta come potesse un romanzo che parlava di un tema così forte e complicato e difficile da comprendere, riuscire a rendersi accattivante per un bambino. Poi l’ho letto. Sembra che Luigi Garlando non abbia fatto altro nella vita che parlare con i ragazzi, tanto la sua scrittura è semplice, diretta e soprattutto trascinante. Ho cercato di leggerlo con occhi piccoli, anche se alcune implicazioni mi hanno colpito in modo diverso rispetto a come possono fare con un giovane lettore. Ma sono riuscita comunque a percepire la semplicità, il calore, la trasparenza con cui Garlando si rivolge ai bambini. Ha uno stile scorrevole e fluido, un linguaggio semplice e quotidiano, reso ancora più accattivante dalla scelta del narratore interno che risulta essere proprio il piccolo Giovanni, il quale racconta la storia in prima persona, aggiungendo spesso i suoi pensieri.

L’intera vicenda, ascoltata con la sua testa e immaginata con i suoi occhi, riesce sicuramente a catturare fin da subito l’attenzione di un bambino, che vede nell’altro Giovanni un eroe, anzi quasi un supereroe. Per poi scontrarsi durante la narrazione con la consapevolezza che quel Giovanni sia stato in realtà solo un uomo normale che ha cercato di fare cose straordinarie. Un uomo che aveva un disperato bisogno di sentirsi comune, che si emozionava quando poteva entrare in un supermercato a fare la spesa o guidare la sua 126 scassata per le strade di Roma. Un uomo che ha dovuto rinunciare alla quotidianità della vita quando ha capito che proseguire nel suo intento di liberare la Sicilia dalla mafia voleva dire essere costantemente in pericolo, vivere da recluso in casa, perennemente sorvegliato dalla sua scorta. Rinunciare addirittura ad avere figli, consapevole di non poterli crescere.

Maria, sono un cadavere che cammina. (G. Falcone)

Credo che i piccoli lettori sviluppino subito un’empatia totale con questo bambino/uomo che sceglie di vivere una vita sacrificata per il bene del prossimo, e forse proprio grazie a questa simpatia così forte comprendono meglio le ingiustizie con le quali conviveva. Il concetto di mafia è espresso dall’autore con semplicità e chiarezza, dando una spiegazione storica breve ma concisa che aiuta a capire le basi sulle quali ha costruito i suoi castelli e imparato a governarli.

(mafia) E’ una parola molto antica. Comparve la prima volta in un vocabolario nel 1868, con due significati: “miseria” e “prepotente”. L’autore del vocabolario spiega che la mafia è la “miseria” di chi crede che vale solo la legge del “prepotente”.

Non è tanto il concetto di ingiustizia a predominare nel libro (anche se alcuni esempi che il papà espone a Giovanni credo non lascino dubbi nella mente di un bambino che vede toccati altri bambini), quanto la necessità di dimostrare che esistono di fatto due leggi in Sicilia: quella delle autorità e quella della mafia. E se noi lasciamo che i soprusi accadano senza opporci, rendiamo col passare del tempo la seconda legge più vera della prima e assecondiamo la sua esistenza, perché il tempo la rende “normale”.

A forza di accettare l’ingiustizia, non vedrai più l’ingiustizia.

Credo che questo sia uno dei messaggi più importanti che Giovanni Falcone voleva diffondere: anche se un comportamento ingiusto è reiterato nel tempo non vuol dire che debba essere accettato. Occorre avere il coraggio di opporsi per dimostrare che la legge imposta dalla mafia è illegittima e che è possibile spezzarla. Non è cosa facile e necessità di sacrificio.

La pace non arriva mai in volo per conto suo, bisogna sempre conquistarla e difenderla, a volte anche con la forza.

E di sacrifici Giovanni Falcone ne ha conosciuti tanti, dalla vita da recluso impostagli dalle continue minacce di morte, agli amici e conoscenti uccisi, al mancato appoggio del governo che nel momento più delicato della sua battaglia gli voltò le spalle. Ma Giovanni non si ferma, continua a combattere, cambia città per difenderla meglio, riunisce nuove squadre di eroi, e cammina a testa alta nella Palermo che vuole cambiare. Forse vi chiederete perché Luigi Garlando ha voluto scrivere questa storia rivolgendosi proprio ai bambini. Perché la mafia esiste ovunque, è un mostro dai mille volti, tra cui anche quello di un compagno di scuola tiranno di cui tutti hanno paura. La mafia è nei piccoli torti, quelli a cui non sappiamo ribattere, e iniziare a riconoscerla fin da piccoli è il modo migliore per ostacolarla. Omertà è infatti una parola che il piccolo Giovanni non conosce ma che mette in pratica ogni giorno, evitando di raccontare la verità sugli atti di bullismo di Tonio. E’ una lezione di vita fondamentale quella che il papà sta regalando a suo figlio tramite la storia del magistrato e Giovanni capirà, alla fine, che anche se la paura lo attanaglia, deve decidere cosa sia giusto: continuare a subire le prepotenze di Tonio, oppure ribellarsi. E’ un piccolo passo per Giovanni, ma una grande vittoria per Falcone: se fin da piccoli i giovani avranno l’abitudine di non sottomettersi alle ingiustizie, la mafia perderà il terreno che ha conquistato e potrà davvero essere sconfitta.

Falcone credeva che le nuove generazioni avrebbero visto finalmente una Sicilia diversa e si è sacrificato per loro, convinto che avrebbero saputo continuare da dove lui avrebbe lasciato. Per questo l’importanza di raccontare ai bambini la vera storia di questo mostro tremendo e far capire loro che anche le cose che funzionano al contrario possono essere capovolte. “Per questo mi chiamo Giovanni” è un libro breve ma intenso, delicato e importante, e scritto in modo brillante. Non siamo davanti a una semplice cronaca storica, che avrebbe annoiato qualunque bambino, anche il più accanito lettore: Garlando è riuscito a ottenere tutta la nostra attenzione ricreando un personaggio reale e quotidiano, con i suoi problemi di bambino, i suoi dubbi, le sue vittorie, le sue guerre e le sue perdite. Sono contenta che le mie figlie lo abbiano letto e spero che il messaggio di speranza che Giovanni Falcone ha lasciato al paese sia arrivato anche a loro. Se siete genitori, vi invito a regalarlo ai vostri figli. Ma leggetelo anche voi. Vale sempre la pena ascoltare le storie di uomini straordinari.

Gli uomini passano, le idee restano e continuano a camminare sulle gambe di altri uomini. (G. Falcone)


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