{Review Party} Nella buona e nella cattiva sorte – Marina Di Guardo

{Review Party} Nella buona e nella cattiva sorte – Marina Di Guardo

Titolo: Nella buona e nella cattiva sorte

Autore: Marina Di Guardo

Editore: Mondadori

Genere: thriller

Pagine: 228

Prezzo: 17,00

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Oggi vi parlo di questo splendido thriller che ho avuto il piacere di leggere grazie al Review Party organizzato da @silvia_hookingbooks. Ringrazio innanzitutto non solo l’organizzatrice, ma anche la Mondadori per averci fornito il materiale.


Trama

Quando Irene attraversa il cancello della vecchia casa dei genitori, dove ha vissuto da bambina, è convinta che quella che ha preso sia la decisione giusta. Questo nonostante sua figlia Arianna, nove anni, le abbia dimostrato apertamente il suo rifiuto di lasciare Milano e la sua scuola per quel paesino sperduto tra le montagne. Nonostante i problemi economici che deriveranno dal dover mantenere la bambina da sola con il suo stipendio. Nonostante la paura che prova ogni volta che si rende conto di essere fuggita da un marito violento che non la lascerà andare così facilmente. Ma i lividi che porta ancora sul viso sono troppo scuri, questa volta, per fingere che vada tutto bene.

Anche se ricominciare è stressante e lei sa di non essere una donna forte e indipendente, tanto da dover ricorrere agli ansiolitici a causa dei continui attacchi di panico, sa di avere l’appoggio incondizionato di Alice, la sua migliore amica. Le due donne sono cresciute insieme, e anche se non si vedono da anni, da quando Alice si è trasferita a Londra, si sentono di continuo al telefono e Irene ascolta i consigli dell’amica che considera il suo modello. In paese ha anche l’aiuto di Lucia, la vicina di casa che ricorda vagamente da quando viveva ancora lì con la sua famiglia. E finalmente, dopo anni di maltrattamenti fisici e psicologici, trova persino un uomo che la guarda come un tempo faceva il marito, e Irene si sente di nuovo donna, di nuovo desiderata, di nuovo bella. Piero è gentile, premuroso e soprattutto, quando scopre la difficile situazione con il marito, le promette di difenderla.

Ma la pace ritrovata dura davvero poco. Strani incidenti si susseguono in casa, come se qualcuno stesse tentando di spaventarla e il marito Gianluigi si presenta spesso in paese per minacciarla e costringerla a tornare da lui. Finché una mattina una delle persone a cui si stava appoggiando per ricominciare una nuova vita viene trovata morta. Era solo un’illusione quella di Irene? E’ possibile che la follia del marito sia arrivata a tanto? Mentre cerca di riprendersi dall’ennesima caduta, una spirale distruttiva si abbatterà sulla vita sua e di Arianna.


Autore

Marina Di Guardo, classe 1961, è una scrittrice e opinionista italiana, madre delle sorelle Ferragni, Chiara, Valentina e Francesca. Ha esordito in letteratura con “L’inganno della seduzione“, proseguendo poi con “Bambole gemelle” per passare infine a Mondadori, con cui ha pubblicato i romanzi di successo “Com’è giusto che sia”, La memoria dei corpi” e “Nella buona e nella cattiva sorte”.


Recensione

Quando mi è stato proposto di leggere questo romanzo, nonostante io non legga spesso thriller, sono rimasta subito affascinata dalla trama. Probabilmente perché agli elementi tipici del genere, la Di Guardo aggiunge una storia che troppo spesso ritroviamo nella nostra cronaca quotidiana. Inizio col dire che lo stile è scorrevole e fluido; l’autrice riesce fin da subito a coinvolgere il lettore nella vita della protagonista e a toccarlo nel profondo. La storia di Irene è tristemente comune: un marito violento che la picchia, la difficoltà di tagliare i ponti e iniziare una nuova vita, con tutte le insicurezze e i problemi che ne derivano. Non solo difficoltà economiche infatti, ma anche e soprattutto il timore delle possibili ritorsioni da parte del marito, la paura di non riuscire a mantenere lo stesso stile di vita alla figlia e la triste convinzione di aver fallito come donna e come mamma. Il continuo altalenare delle scelte di Irene, indecisa tra denunciare l’uomo o meno, rispecchia la triste situazione di molte donne vittime di violenza domestica. Irene è convinta di avere una parte di colpa in quello che è successo, continua a giustificare l’uomo nonostante le ripetute violenze, non si sente abbastanza forte da separarsi da lui e forse non crede nemmeno di meritare una vita migliore.

Respirò forte, come per prendere coraggio. Dentro, il sapore amaro del fallimento mordeva duro.

E all’inizio sei così preso dal dolore di Irene che ti lasci sviare, ti smarrisci nei suoi tentativi di rinascita e ricostruzione e soprattutto perdi di vista il sottofondo. Così, quando arrivano i primi colpi di scena, sei ormai così invischiato nella devastazione che si sta abbattendo sulla vita di questa madre e di sua figlia che non ti accorgi dei dettagli sinistri e inquietanti che l’autrice semina con parsimonia e bravura nel corso del romanzo. E quando ti avvicini all’epilogo ti rendi conto di essere stato acutamente fuorviato e inizi a rimettere insieme tutti i pezzi del puzzle che avevi posizionato in modo scorretto. Quindi faccio i complimenti all’autrice per aver saputo portare avanti la storia con abilità e destrezza.

A parte la validità dell’intreccio, devo dire che quello che ho apprezzato maggiormente nel romanzo è il modo in cui Marina Di Guardo ha trattato i temi che fanno da sfondo alla storia. Prima di tutto la violenza sulle donne, contro cui prende posizione chiaramente, creando un personaggio controverso, per il quale ho provato pena e simpatia all’inizio, ma che ben presto ho iniziato a non capire più e verso cui ho provato sentimenti di rabbia e frustrazione. La testarda presa di posizione di Irene, che si rifiuta di denunciare il marito mettendo a rischio anche le persone che le stanno intorno, alla fine diviene dura da accettare. Sullo sfondo c’è anche la malattia della madre della protagonista, descritta con delicatezza e tatto, quella schizofrenia che ha segnato la vita della donna, rendendola più matura e sensibile. E infine c’è la depressione della stessa Irene, dovuta al vissuto con il marito, che è disegnata in modo vivido e ben documentato.

Rimase ferma e inerte, aspettando che passasse la percezione, netta e distinta, di morire in quel momento. Il mondo girò in un infernale movimento rotatorio, le pareti si espansero, il pavimento sembrò collassare.

In alcune parti della narrazione il senso di ansia e di tensione si affievolisce un poco, quando Irene si sofferma sui suoi stati d’animo. Per quanto capisco che si tratti di un thriller psicologico, a volte la suspense tipica di questo genere viene smorzata dalla presenza di Irene come persona e dalla sua introspezione psicologica. A parte questa considerazione, di gusto personale, lo trovo un ottimo romanzo; ben scritto, ben orchestrato, capace di trascinare il lettore in una spirale impossibile da fermare e che si conclude brillantemente con un finale inaspettato, ma degno della storia. Una di quelle conclusioni che ti gelano il sangue e ti tolgono il respiro, che mi ha fatto sorridere compiaciuta perché di solito mi capita quando chiudo alcuni romanzi del mio caro Stephen King!

Vi ricordo che sugli altri blog che hanno partecipato al Review Party potete leggere tutte le recensioni. Buona lettura!


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