Sei personaggi in cerca d’autore – Luigi Pirandello

Sei personaggi in cerca d’autore – Luigi Pirandello

Titolo: Sei personaggi in cerca d’autore

Autore: Luigi Pirandello

Editore: Einaudi

Genere: testo teatrale

Pagine: 272

Prezzo: 9,50

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Trama

Sul palcoscenico di un teatro, ancora da allestire, alcuni attori stanno iniziando le prove della commedia “Il Giuoco delle parti”. Mentre il Capocomico impartisce ordini e raccomandazioni, lamentandosi della mancanza di opere talentuose, tanto da dover mettere in scena uno degli incomprensibili scritti di Pirandello, alcuni personaggi si affacciano pacatamente in sala, interrompendo il lavoro. Alla richiesta di spiegazione del Capocomico, le curiose figure raccontano di essere sei personaggi creati dalla fantasia di un autore e nati vivi. Tale autore, per mancanza di volontà o di possibilità, si è poi rifiutato di scrivere il loro dramma, gettandoli in un limbo in cui, pur essendo vivi, non possono vivere. Per ottenere la salvezza ed essere liberati dall’oppressione di sentirsi incompleti, hanno bisogno di un autore che possa portare a teatro la loro storia.

Inizialmente infastiditi dall’intromissione, il Direttore e la compagnia si ritrovano via via sempre più interessati agli strani vincoli familiari che legano i sei personaggi. C’è il Padre, addolorato e in cerca di comprensione e perdono per aver allontanato la moglie, facendola finire tra le braccia del suo segretario. C’è il Figlio, furioso con la madre per averlo abbandonato ed essersi ricreata una famiglia. C’è la Figliastra, nata dal secondo matrimonio, che odia il patrigno da quando lo ha trovato nella casa per appuntamenti in cui lei si è trovata costretta a lavorare per salvare la madre dalla miseria. Ci sono i due figli più piccoli, silenziosi e mai chiamati in causa, e infine c’è la Madre, una donna distrutta dai casi della vita e dall’apprensione nei riguardi dei suoi figli. Mentre cercano di spiegare la loro storia, sveleranno il vero dramma che si nasconde dietro i loro silenzi e le loro espressioni di dolore, lasciando esterrefatti e spaventati gli ascoltatori.


Autore

Luigi Pirandello (1867-1936) è stato drammaturgo, scrittore e poeta italiano di notevole fama. Nel 1934 ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura, per il rinnovamento dell’arte drammatica e teatrale. Inizialmente non apprezzato dalla critica, divenne in seguito famoso in tutto il mondo, tanto che le sue commedie arrivarono anche a Broadway.

Dopo una iniziale prosperità economica, Pirandello dovette combattere per tutta la vita con problemi di liquidità, oltreché con la tristezza di accudire la moglie, affetta da una malattia mentale e chiusa ben presto in una casa di cura. Tra i romanzi e le opere teatrali che ne hanno sancito la notorietà ci sono “Il fu Mattia Pascal“, “I vecchi e i giovani”, “Liolà”, “Così è (se vi pare)”, “Il gioco delle parti”, “Sei personaggi in cerca d’autore”, “Uno, nessuno e centomila, “Ma non è una cosa seria“.


Recensione

Che vuole che le faccia io se dalla Francia non ci viene più una buona commedia, e ci siamo ridotti a mettere in iscena commedie di Pirandello, che chi l’intende è bravo, fatte apposta di maniera che né attori né critici né pubblico né restino mai contenti?

Parole sue, che meravigliosa amara ironia. E su, diciamolo, che tutti almeno una volta nella vita lo abbiamo pensato leggendo una delle sue opere. Per me quello con Pirandello è sempre stato un rapporto complicato: un amore sincero che si dispiega soprattutto a teatro, quando assisto alle sue rappresentazioni. Ma leggere i testi, lo sappiamo, è tutta un’altra cosa. “Sei personaggi in cerca d’autore” in particolare, essendo un copione, ha il limite di interrompere di continuo la storia con le indicazioni di scena; ma dopo qualche pagina prendi confidenza con la narrazione e non lo noti più, trascinato nel dramma di questa doppia famiglia spezzata. Il testo è relativamente breve, quindi non vi spaventate per le 270 pagine di questa edizione Einaudi, che racchiude sia la versione del 1921 che quella rivista del 1925.

La prima volta in cui l’opera è stata portata a teatro era infatti il 1921 e fu un fiasco. Il pubblico non la capì e criticò ferocemente l’autore, che fu costretto, 4 anni più tardi, ad aggiungere una prefazione in cui spiegava l’intento della rappresentazione e le motivazioni di alcune scelte. Ma è risaputo che Pirandello ha dovuto attendere diversi anni prima di essere accettato e compreso. Oggi sappiamo tutto di lui, della sua famiglia e delle sue opere, e riusciamo ad apprezzare il genio che fu. Ma resta pur sempre un autore complesso, dal linguaggio elegante e d’altri tempi, i cui concetti sono spesso contorti e tanto macchinosi da necessitare una lettura attenta ai vari dettagli. Ma è così, lo si può amare per quello che è stato, oppure restare indifferenti. Quello che rimane quando riesci a superare le difficoltà della lettura, sono le sensazioni profonde, spesso di disagio e inadeguatezza dell’essere umano, che emergono da alcune sue opere e il cambiamento radicale che riversò sul teatro dell’epoca. “Sei personaggi in cerca d’autore” è una delle prime rappresentazioni del cosiddetto teatro nel teatro, dove la finzione scenica viene sgretolata e messa a nudo davanti allo spettatore; la famosa quarta parete che lo divide dall’attore crolla e nella sala la realtà si mescola alla finzione. In questo nuovo modo di fare teatro, Pirandello crea personaggi che racchiudono tutta l’inquietudine dell’uomo moderno, i suoi drammi personali, le sue incertezze, il suo dilemma tra ciò che è e il modo in cui appare.

È da tanti anni a servizio della mia arte una servetta sveltissima. Si chiama Fantasia. E si diverte a portarmi a casa, perché io ne tragga novelle e romanzi e commedie, la gente più scontenta del mondo, uomini, donne, ragazzi, avvolti in casi strani da cui non trovano più modo a uscire.

Ho ritrovato il dramma di Vitangelo Moscarda in “Uno, nessuno e centomila“, nella scoperta delle tante realtà che compongono un essere umano. Non esiste infatti una sola persona, ma tante versioni di essa, a seconda di chi la guarda. Alla stesso modo la realtà che noi vediamo e imprimiamo alle parole è differente da quella del nostro vicino, che le dà un valore e un significato diverso. Da qui il dramma dell’incomunicabilità, di non poterci capire tra noi, ognuno convinto che la sua sia l’unica verità.

È tutto qui il male! Nelle parole! Abbiamo tutti dentro un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del modo com’egli l’ha dentro? Crediamo d’intenderci; non c’intendiamo mai!

Il dramma dei sei personaggi è l’impossibilità di vivere il loro dolore, di esprimere ciò per cui sono stati creati. Nati vivi dalla fantasia dell’autore, che poi si è rifiutato di metterli in scena, si sentono incompleti e hanno la necessità di vivere i momenti della loro tragedia per potersi soddisfare. Neppure gli attori della compagnia, pur osservandoli, potranno rappresentarli, perché ne modificheranno le movenze, le espressioni, le emozioni, rivivendole come loro le sentono.

Sarà piuttosto com’egli interpreterà ch’io sia, com’egli mi sentirà e non com’io dentro di me mi sento.

E alla fine, a ben vedere, tutto si riduce a una confusione tra realtà e finzione, che sul palcoscenico si mescolano e si confondono, tanto che al termine del dramma il Capocomico e gli attori non sapranno più cosa è vero e cosa è fantasia, trasmettendo la stessa idea allo spettatore. I sei personaggi, bloccati in una forma, sono forse più reali degli attori stessi. Quella che per gli altri è solo un’illusione, per loro è realtà immutabile. Per tutti gli altri, invece, per l’uomo moderno, la realtà è un’illusione continua, perché col passare del tempo nessuno è più come si vedeva nel passato, la sua realtà è già cambiata e continuerà a farlo per sempre.

Concetti molto complessi da carpire attraverso le battute di un dramma che pare essere stato costruito su una serie di assurdità, che invece risultano più verosimili della realtà stessa. E il dubbio alla fine si intrufola nella testa dello spettatore, che si chiede cosa sia stato vero e cosa frutto di un’illusione, coinvolto in un gioco in cui Pirandello è stato maestro indiscusso: mettere in dubbio la realtà della vita e l’illusione del palcoscenico. Perché tutto è un gioco: quello di recitare delle parti in una realtà che ci sembra vera, ma che forse è solo l’illusione che noi creiamo, la parte che abbiamo scelto di impersonare davanti agli altri. Un po’ come a teatro. Un po’ come un personaggio.

Che cos’è un palcoscenico? Ma, vedi? un luogo dove si giuoca a far sul serio.