
Messia di Dune – Frank Herbert

Titolo: Messia di Dune
Autore: Frank Herbert
Editore: Fanucci
Genere: fantascienza
Pagine: 269
Prezzo: 15,00
Trama libro
Dodici anni dopo la vittoria dei Fremen sull’Imperatore Pascià Shaddam IV, Paul Muad’Dib, erede degli Atreides, è ancora il temuto Imperatore della galassia e governa l’universo dalla sua capitale su Arrakis. La forza del mito che lo circonda viene però intaccata da un complotto che vede protagonisti il Bene Gesserit, la Gilda Spaziale, i Tleilaxu e alcuni Fremen ribelli: al centro della cospirazione c’è il tentativo di indebolire la sua capacità di comando e rendere instabile la dinastia degli Atreides ostacolando la nascita di un erede. Tuttavia, il prezioso dono della prescienza dà a Paul la consapevolezza che la strada da seguire è quella indicata dal suo destino: indirizzare il proprio popolo su un percorso che lo allontani dall’autodistruzione e dalla miseria, verso un futuro armonioso e duraturo, un obiettivo che è disposto a raggiunge anche a costo del proprio sacrificio. . .
Autore
Frank Herbert (1920/1986) è stato uno scrittore statunitense di fantascienza. Ancora oggi il ciclo di “Dune” viene considerato come l’esempio più importante di questo genere letterario. Herbert iniziò la sua carriera come giornalista, non riuscendo mai a laurearsi. Il suo successo come scrittore stentò a decollare fino a quando non riuscì a pubblicare tra il ’63 e il ’65 il primo libro “Dune“, sulla rivista Analog, in otto puntate. Dopo aver vinto sia il Premio Nebula che il Premio Hugo si dedicò totalmente alla scrittura, portando avanti la saga, ma morì a soli 65 anni per le complicazioni di un tumore. Il primo capitolo è stato seguito da “Messia di Dune” e “I figli di Dune“. In Italia è stato ripubblicato da poco il suo primo romanzo, un thriller di fantascienza, “Minaccia nucleare“.
Recensione
Dopo essermi presa un momento di pausa dal primo volume, ho affrontato “Messia di Dune” per proseguire il ciclo di Frank Herbert. Come avevo già ammesso nella recensione del primo capitolo, non sono un’esperta di fantascienza e ho difficoltà a parlarne in modo corretto, ma non volevo perdermi l’occasione unica di conoscere quella che viene considerata una saga capolavoro nell’ambito di questo genere. Anche se con un po’ di fatica avevo terminato “Dune“, mi ero persa nell’universo straordinario e complesso che Herbert aveva creato; avevo amato sia il worldbuilding che i personaggi, e non potevo non continuare la storia. Purtroppo, nonostante sia molto più breve, questo secondo romanzo è stato di sicuro più arduo da leggere e comprendere. Lo stile narrativo di Herbert è sempre lo stesso: il narratore esterno passa da un personaggio all’altro, unendo i pensieri di ciascuno in un flusso unico; già questo di per sé non rende la scrittura particolarmente fluida, ma sono riuscita comunque a riprendere velocemente il ritmo dell’autore. La difficoltà maggiore che ho trovato è stata la quasi assenza di azione, almeno nella prima metà del libro, e un forte elemento introspettivo e filosofico: in “Messia di Dune” l’elemento politico e religioso è ancora più accentuato.
Sembra che Herbert approfitti di questo libro per studiare i ruoli dei capi politici e religiosi, il peso delle guerre e del modo in cui influiscono sui cambiamenti dell’umanità. La storia riprende dodici anni dopo che Paul Atreides è divenuto imperatore e ha riunito sotto il suo comando l’intera galassia; per farlo ha dovuto lasciar accadere quel jihad che le visioni della sua prescienza gli avevano mostrato nei suoi spostamenti tra tempo e spazio. Pur detestando l’idea di una guerra santa combattuta in suo nome non ha potuto evitarla e la pace è stata raggiunta a fronte di miliardi di vittime. Ma è una pace effimera e Muad’Dib, il Messia tanto atteso, ne ha visto la fine, ma solo se accetterà di sacrificare tutto quello che ha di più caro.
E cos’era mai una vita, non importa quanto gli fosse cara, al confronto di tutte quelle che sarebbero state sicuramente sacrificate al jihad? Era forse possibile opporre la sofferenza di un singolo all’agonia delle moltitudini?
Ci sono troppe forze che lavorano nell’ombra per toglierlo dal trono: il Bene Tleilaxu, il Bene Gesserit (che non ha mai accettato di aver perso il controllo su quella che doveva essere una sua arma, lo kwisatz haderach), Irulan, quella moglie con cui non ha nessun rapporto e che ha sposato solo per riunire l’impero, persino i Fremen che dopo aver combattuto in suo nome ora lo accusano di aver tradito l’essenza stessa del deserto, avendo portato l’acqua su Arrakis. L’intera storia non è altro che il cammino di Paul verso eventi futuri che non può evitare, se vuole mantenere l’ordine nell’Impero e dare l’avvio a una nuova era di pace.
– La violenza… la deificazione è una prigione dentro la quale è rinchiuso. Perderà tutto. E sarà fatto a pezzi. Lo stanno attirando lontano dall’amore. Stanno creando un universo nel quale si rifiuterà di vivere.
– Chi sta facendo questo?
– Lui. Ohhh, sei così sciocco! Lui è parte del disegno. Ed è troppo tardi.
Con “Messia di Dune” si conclude la storia di Paul e Chani e si apre la strada a una nuova era. Ho letto questo secondo capitolo con tutta l’attenzione e l’interesse possibile mi confronti di Frank Herbert, ma l’ho trovato meno affascinante del primo, piuttosto lento, troppo riflessivo e incentrato su politica e religione. Di nuovo mi è mancata quella vividezza dei personaggi a cui sono abituata in altri generi e con altri autori, ma occorre sempre ricordare che è un ciclo scritto cinquant’anni fa e che quindi riflette le caratteristiche di una narrativa molto lontana dal nostro presente. Continuerò di sicuro la saga, nella speranza che i prossimi volumi tornino ad avere il fascino di “Dune”.
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