Il mio arco riposa muto – Irene Vallejo

Il mio arco riposa muto – Irene Vallejo

Titolo: Il mio arco riposa muto

Autore: Irene Vallejo

Editore: Bompiani

Genere: mitologia

Pagine: 220

Prezzo: 18,00

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Trama

Enea, fuggito da Troia in fiamme, naufraga sulla costa africana, davanti alla città di Cartagine, con suo figlio e un manipolo di uomini. Una profezia lo vuole fondatore di un impero, ma il suo destino è nelle mani della regina Elissa e degli dèi, che possono scagliargli contro un’orda di nemici o una freccia per farlo cadere innamorato. Secoli dopo, il poeta Virgilio riceve da Augusto l’incarico di scrivere un poema che narri la gloriosa storia di Roma, ma teme di non essere all’altezza del compito ed è scontento di sé. L’imperatore riesce a impedire che distrugga i versi composti, consegnando così alla Storia, e a noi, il suo capolavoro. Un romanzo caldo, vivido, che come tutta l’opera di Vallejo arde di amore per il mondo classico e che rivisita le radici della nostra civiltà intrecciando la trama dell’Eneide con la vicenda creativa del suo autore: due linee temporali che consentono di rivivere un’appassionata leggenda d’amore e di guerra e l’eroismo sommesso di un artista impegnato nella lotta quotidiana contro le avversità.


Autore

Irene Vallejo è filologa e scrittrice spagnola. Svolge un’intensa attività di divulgazione sul mondo classico, con corsi e conferenze. Il suo saggio narrativo “Papyrus” ha riscosso molto successo ed è stato tradotto in 35 lingue.


Recensione

Ennesimo retelling mitologico, quindi volete sapere perché leggerlo? Primo: se vi piacciono i miti e vi piace il mondo classico, un romanzo simile non può mancare sul vostro scaffale. Secondo: la scrittura di Irene Vallejo è tra le più poetiche, dolci e potenti al tempo stesso, che hanno voluto parlare di classicità. Ha uno stile delizioso, caldo, essenziale ma ricco di dettagli che fanno entrare il lettore nel vivo del racconto; quasi mi sembrava di passeggiare insieme a Virgilio tra i vicoli di Roma. L’autrice sceglie di raccontare la sua Eneide seguendo due linee narrative diverse che si alternano per tutto il romanzo aumentando, secondo me, l’interesse e mantenendo viva l’attenzione. Da una parte c’è Enea, l’eroe che fugge dall’incendio di Troia, scampa la tempesta e sbarca a Cartagine. Dall’altra c’è il grande poeta Virgilio, al quale l’Imperatore Augusto ha chiesto (se di gentile richiesta si può parlare) di scrivere un poema che ricordi ai posteri come è nato il grande impero.

Entrambe i protagonisti sono due uomini in lotta con se stessi con la loro società; il contrasto tra quello che vorrebbero essere e quello che invece sono costretti a rappresentare è lacerante, doloroso e commovente. Dall’alto, la storia di Enea è osservata dal dio Eros, che si intromette, indirizza gli eventi, ma non può (secondo la voce dell’autrice) influire più di tanto su sentimenti che in realtà gli esseri umani già provano. L’Enea della Vallejo è un soldato che è sfuggito a una guerra di dieci lunghissimi anni; le sue perdite perdite sono state ingenti e insuperabili ed è stanco. È stanco delle armi, è stanco di combattere, ha capito che la violenza crea solo dolore e ha il desiderio di fondare la sua nuova città sulla pace. Anche Virgilio, secoli dopo, non vuole più ritrovarsi in guerra, lui che vi ha passato l’intera giovinezza. Invece l’Imperatore al quale risponde, il grande Augusto, ha la guerra delle vene, gli chiede di celebrare la forza dell’impero ricordando le eroiche battaglie di Enea, le conquiste, le vittorie militari.

Lui ha vissuto l’intera gioventù tra una guerra e l’altra, per questo la guerra gli sembra la fedele immagine di tutto il male del mondo. Durante l’orrore dei combattimenti, ha scritto: “Qui il bene e il male si mescolano fino a confondersi”.

Virgilio non può esimersi dal compito che gli è stato imposto e che reputa più grande di lui; non si sente all’altezza, non riesce a comporre. Perché le parole che vorrebbe Augusto, il grande poeta non le vuole usare. Non vuole innalzare un canto alla violenza e alle armi, ma alla determinazione che ha permesso a Enea di ricominciare da capo in Italia.

Augusto conosce il prezzo delle parole ed è determinato a renderle sue servitrici: “La supremazia di Roma si rafforza grazie alle tradizioni e agli eroi”

E allora Virgilio soffre, tentenna, rimanda, fino a quando le parole del grande Omero non lo mettono sulla giusta via e gli aprono gli occhi su quello che il suo animo stanco vuole davvero celebrare.

“D’ora in poi, i poeti canteranno le nostre sofferenze alle generazioni a venire” (Elena, Iliade)

Seguire i dissidi interni di questi due grandi protagonisti è stato commovente e affascinante. Ho amato il modo in cui l’autrice ha descritto il rapporto di Enea ed Elissa, la regina di Cartagine, lasciando al lettore il compito di decidere se questo amore sia mai esistito. E ho amato passeggiare per una Roma grandiosa e controversa, magnifica e tragica, imponente ma sporca, povera e rozza al tempo stesso. Vederne i due diversi aspetti insieme al grande poeta e affiancarlo nel sublime momento dell’ispirazione è stato un viaggio splendido, che aggiungo volentieri alla mia libreria. Un viaggio che ha portato entrambe i protagonisti alla stessa liberatoria decisione.

Sì, a Cartagine inizia la battaglia, ma questa volta il mio arco riposa muto ed estraneo al sibilo delle frecce infuocate.


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