La canzone di Achille – Madeline Miller

La canzone di Achille – Madeline Miller

Titolo: La canzone di Achille

Autore: Madeline Miller

Editore: Feltrinelli

Genere: romanzo, miti e leggende

Pagine: 382

Prezzo: 10,50

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Trama

Patroclo, figlio di Menezio, il Re di Opunte, ha solo dieci anni quando il padre lo costringe a presentarsi insieme a decine di altri principi, guerrieri famosi e già ricoperti di gloria, come pretendente alla mano di Elena. Oltre a essere figlia della Regina di Sparta e di Zeus, pare sia la donna più bella della Grecia. Durante il consiglio, dopo che a Elena è stato concesso di scegliere Menelao come futuro sposo, tutti gli altri principi sono costretti a prestare giuramento di fedeltà nei confronti del nuovo Re di Sparta. Ma un destino crudele allontana Patroclo dalla sua terra, rendendolo un reietto, diseredato dal padre che lo caccia dal regno inviandolo a Ftia, dove il Re Pelio lo crescerà insieme agli altri suoi figli adottivi. Patroclo è un ragazzino silenzioso, poco socievole e timido e l’onta della sua colpa ricade su di lui come un macigno. L’unico a mostrare interesse per un elemento tanto insignificante è il giovane principe di Ftia, Achille, nato dall’unione del Re con la dea Teti.

Achille è bello, splendente, guerriero veloce e imbattibile, destinato a grande gloria. Tutti vorrebbero entrare nelle sue grazie, eppure il giovane semidio mostra una predilezione incomprensibile per Patroclo e ne fa il suo therapon, primo compagno d’armi. Passano gli anni e i due ragazzi crescono e sbocciano, così come la loro amicizia. Patroclo farebbe qualunque cosa per Achille: è completamente stregato da lui e non può sopportare la sua lontananza, tanto da seguirlo sul Monte Pelio, dove la madre lo affida al centauro Chirone per l’addestramento militare. Lì, finalmente soli e lontani dagli occhi della corte, i due amici scoprono la profondità del loro sentimento, un amore così totale da togliere il respiro a Patroclo, che in silenzio lo ha amato per anni. Ma una guerra immensa si sta avvicinando: la Regina Elena è stata rapita dal principe Paride di Troia e Sparta chiede vendetta. Achille e Patroclo non vorrebbero unirsi agli altri Re in questo conflitto che non gli appartiene, ma il destino di Achille è scritto nelle stelle: lui sarà l’aristos achaion, il più grande tra i greci; la sua fama sarà immensa e il suo nome sarà ricordato per sempre, legato alla sconfitta di Troia. Questa è la profezia che gli rivela Teti. Ma non è solo la gloria a convincere Achille a scendere in guerra: la Grecia rivendica la presenza di quel giovane principe che da bambino le giurò fedeltà. Patroclo. Il suo Patroclo, che non ha mai usato un’arma. Achille non ha davvero scelta quando decide di partecipare all’assedio più famoso della storia greca.


Autore

Madeline Miller è una scrittrice americana, insegnante di greco e latino nei licei statunitensi e successivamente di drammaturgia e adattamento teatrale dei testi antichi a Yale. Il suo romanzo d’esordio “La canzone di Achille” ha ottenuto un successo enorme di pubblico e ha vinto l’Orange Prize. Il suo secondo libro “Circe” ha avuto la stessa fortuna, vincendo il Women’s Prize for Fiction.


Recensione

Ho sempre amato la mitologia, soprattutto quella greca: storie di eroi grandiosi, epiche battaglie, divinità gelose e vendicative, avventure inimmaginabili in terre lontane e seducenti. Quando ho letto il romanzo d’esordio della Miller, il suo successo era già consolidato e ho voluto testarlo, seppure in ritardo. L’ho terminato da poco e ho tanti aggettivi che mi girano in testa: delizioso, strepitoso, delicato, interessante e trascinante, adorabile e commovente. Credo che solo uno studioso della cultura greca, come è stata Madeline Miller, possa rendere in modo così appropriato, genuino e fedele la storia di una guerra tanto famosa e dei personaggi straordinari che vi parteciparono. L’autrice ha cercato di restare fedele a Omero e alla sua descrizione dell’evento nell’Odissea, ma ha utilizzato anche altre fonti, tra cui Ovidio, Platone, Eschilo, Sofocle e Virgilio. La prima cosa che mi ha colpito è lo stile di scrittura, che pur essendo fluido e scorrevole non è affatto semplice, anzi appare ricercato ed elegante, ricco di figure retoriche che esaltano le descrizioni dei personaggi, i sentimenti, le emozioni, persino gli ambienti in cui si svolgono le vicende. La Miller usa il linguaggio in modo sapiente per amplificare quello che vuole mostrare, rendendo l’immagine vivida e reale, tangibile.

(Teti) la pelle bianca come ossa e i capelli neri splendenti come squarci di fulmini. La veste che indossava le aderiva al corpo e luccicava come scaglie di un pesce.

«Non dovresti essere qui» disse. (la sua voce) il rumore di scogli frastagliati contro lo scafo di un’imbarcazione.

Quando la Miller descrive una figura di questa storia, non la sta solo disegnando, ma le sta imprimendo carattere, volontà, desideri e sentimenti. E’ una capacità rara la sua di usare le parole per ottenere un risultato immediato. E’ in questo modo poetico e vivido che ci presenta i personaggi, e che ne parli a lungo oppure brevemente, riesce a darne un’idea precisa e nitida. L’altra cosa che mi ha stupito è stata scoprire che non stavo leggendo un resoconto dell’assedio di Troia. Quindi non aspettatevi descrizioni dettagliate di duelli, battaglie, organizzazione militare e tattiche di guerra. Non sperate nemmeno nel tanto famoso episodio del cavallo che la fece cadere. Quella che avete davanti è la vita messa a nudo, romanzata certo, ma fedele il più possibile alle leggende e ai racconti dei poeti, di quello che è stato uno dei più grandi eroi greci e del suo amante, che in questo romanzo oscurano persino la fama della bella Elena. Sulla relazione tra Achille e Patroclo le fonti sono in disaccordo, i reperti sono pochi, ma compare di fondo la certezza che qualunque sia stato il rapporto tra i due giovani, venne riconosciuto e rispettato dalla società greca. Millenni prima di noi, gli antichi achei ci danno una lezione di saggezza e di apertura mentale, riconoscendo una pratica in uso tra le classi più elevate della popolazione. Avere un giovane protetto al quale offrire sostegno e conoscenze e con il quale poteva esserci un rapporto omoerotico, era infatti un’abitudine accettata e naturale, purché non superasse la maggiore età del ragazzo, che doveva poi abbandonare i piaceri personali per dedicarsi ai doveri della famiglia. Così, il legame tra Achille e Patroclo non è osteggiato per il sesso dei due ragazzi, bensì per l’ostacolo che Patroclo, principe scacciato dal suo regno, può presentare per la gloria di Achille. Teti lo odia, ritenendolo indegno del figlio e farà di tutto per separarli.

La scelta di fare di Patroclo, e non Achille, il narratore della storia rende tutto ancora più reale e toccante, dando alla scrittura una sensibilità che rispecchia l’animo del ragazzo. Il principe reietto è infatti dolce e sensibile, un animo gentile e nobile, contrario ai soprusi e disinteressato alla guerra. Fin da piccolo capisce immediatamente di non essere destinato a grandi azioni, né di essere disposto a combattere tra gli altri guerrieri.

Ben presto mi rivelai una delusione: piccolo e sottile. Non ero veloce. Non ero forte. Non sapevo cantare. La cosa migliore che si poteva dire di me era che non ero cagionevole.

Achille invece è nato per essere un guerriero: veloce, scattante, imbattibile, splendente come il sole e dal corpo perfetto. Non esiste in tutta la Grecia un guerriero che può eguagliarlo. In fondo è un semidio, è per quanto tenti di non mostrarlo, negare la differenza con gli altri compagni è impossibile.

Non lo avevo sentito. Era completamente immobile, quell’assenza di movimento che era soltanto sua.

Credo che ognuno di noi abbia un’idea di questa figura tanto potente e combattiva. Ma cosa sappiamo davvero di lui? Come è cresciuto Achille tra gli uomini? La Miller ne mostra il carattere gentile e il cuore tenero, la fiducia nel prossimo, la sincerità assoluta, l’incapacità di mentire e l’ingenuità difronte al mondo. Achille appare come un ragazzino come tanti che vuole compiacere la madre Teti; vuole divertirsi come i suoi coetanei; vuole amare liberamente. Fino a quando non si profila la guerra e con essa la possibilità di essere ricordato per sempre come il più grande guerriero che la Grecia abbia mai avuto. L’amore è il grande protagonista della storia, non la guerra, anche se ho apprezzato molto la seconda parte del libro in cui il conflitto lungo e debilitante contro Troia è un momento di tensione pacata e toccante. Il sentimento tra Achille e Patroclo è tenero e totalizzante: nulla può dividerli, almeno fino alla promessa della gloria eterna che accecherà Achille, decidendo la sorte di entrambi. Nonostante sappiamo perfettamente che i due ragazzi moriranno, la scrittrice riesce a farci sperare irrazionalmente fino alla fine che la profezia possa essere cambiata e Achille possa scegliere Patroclo.

Achille è un’arma, un assassino. Non dimenticartelo. Puoi usare una spada come un bastone da passeggio, tuttavia ciò non cambia la sua natura.

Per amore suo Patroclo cederà al sacrificio più grande, quello del tradimento, pur di mantenere intatto l’onore e la fama di Achille: l’atto finale che segnerà la svolta nella guerra e l’avverarsi della profezia delle Moire. E’ stata una lettura intensa e piacevole, un modo affascinante di ripercorrere una storia già largamente ascoltata, ma vista da un’angolazione diversa. Ci sono stati momenti toccanti, drammatici, romantici persino e passionali. Per la prima volta ho visto l’uomo dietro l’eroe e l’amore, quello vero, che oscura la fama e la gloria eterna. Forse, come sperava Patroclo, è possibile ricordare Achille non solo per i nemici uccisi in battaglia e per l’irruenza della sua forza, ma anche per l’animo gentile che aveva, per le vite che ha salvato e per l’amore che è riuscito a ricambiare e che lo rende forse più umano e meno dio, ma tanto più affascinante. E di Patroclo, invece, ci resta la passione e la devozione verso l’unica persona che abbia mai amato e con la quale ha potuto finalmente ritrovarsi nell’Ade.

Lo riconoscerei anche solo dal tocco, dal profumo; lo riconoscerei anche se fossi cieco, dal modo in cui respira, da come i suoi piedi sferzano la terra. Lo riconoscerei anche nella morte, anche alla fine del mondo.


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