La maledizione della torre – James Dashner

La maledizione della torre – James Dashner

Titolo: La maledizione della torre

Autore: James Dashner

Editore: Sperling & Kupfer

Genere: horror

Pagine: 369

Prezzo: 19,90

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Trama

David Player ha trascorso gli ultimi tre decenni cercando di dimenticare i traumi della sua infanzia. I rapimenti, le morti e una misteriosa leggenda, tramandata di generazione in generazione, il cui culmine è arrivato in forma umana, in uno dei serial killer più famosi della Nazione: Pee Wee Gaskins. Ora David è tornato, con i quattro figli al seguito, a visitare la casa dei genitori; non appena arrivati, uno sconosciuto si palesa alla loro porta: il figlio di Pee Wee Gaskins. In un’esibizione terrificante, l’uomo pronuncia minacce fino quasi a soffocarsi con la propria lingua, innescando una serie di eventi che riportano David e i suoi cari ai giorni dell’inquietudine, su un percorso di orrore inimmaginabile, fin troppo noto. Quel sentiero conduce a una vecchia torre nel bosco, un luogo che David aveva cercato di cancellare dalla sua memoria: la Casa delle Lingue. Non solo le colpe dei padri ricadono sui figli, anche le maledizioni.


Autore

James Dashner è uno scrittore statunitense di romanzi di fantascienza distopica, noto soprattutto per la serie “The Maze Runner”, composta da “Il labirinto”, “La fuga”, “La rivelazione” e in seguito dai prequel “La mutazione” e “Il codice”.


Recensione

Immagino che molti di voi, se stanno cercando notizie su questo libro, lo stanno facendo perché conoscono già James Dashner per la sua fortunatissima serie fantascientifica “The Maze Runner“. Io onestamente non l’ho ancora letta, e quindi la mia esperienza con l’autore è stata imprevista e sorprendente. Ho amato fin da subito il suo stile di scrittura (che a dire la verità mi ha ricordato vagamente quello di Stephen King): fluido, intrigante e appassionante. Credo che sia un romanzo adatto a ogni età e anche a diversi tipi di lettori, persino quelli che non amano l’horror puro. L’ansia c’è, e anche discreta; la tensione si fa sentire quasi da subito, anche se la storia inizialmente non lascia intendere grosse tragedie. Ma la scrittura di Dashner è così incisiva e vivida che riesce a trasmettere le sensazioni del protagonista, che si fanno via via più intense e cariche di paura.

Il tempo perse di significato. Cose come l’alba e il tramonto smisero di esistere nella mia sfera di comprensione, l’oscurità dei giorni nient’affatto diversa dalle notti senza luce. Non c’erano più i secondi, i minuti, le ore. Soltanto una palude acquitrinosa di adesso, un universo che si era fermato all’improvviso, impantanato in una fanghiglia di paura e preoccupazione.

La scelta di alternare presente e passato è stata secondo me molto adatta alla storia e alla volontà di creare tensione. E’ difficile, anche per un lettore abituato all’horror, riuscire a immaginare gli sviluppi di questa vicenda, che viene svelata lentamente, grazie soprattutto alle descrizioni di quello che è accaduto a David e Andrea trent’anni prima. Ho apprezzato molto i flashback, che mi hanno aiutato a svelare un intreccio piuttosto complesso e di sicuro hanno aumentato il senso di inquietudine che è presente per tutto il romanzo. I due protagonisti e amici, David Player e Andrea, si ritrovano a rivivere dopo tre decenni lo stesso terrore che rovinò la loro adolescenza nel paesino in cui sono cresciuti. Eppure non ricordano quasi nulla di quello che è accaduto; sembra quasi che la loro mente abbia scelto di dimenticare i fatti più crudeli per salvarli dalla follia.

C’erano cose più oscure che non rimasero con me, al pari di molto altro di quello che sarebbe capitato nei giorni seguenti. Ricordi che sarebbero restati dormienti per decenni prima di riemergere dalle proprie ceneri.

Eppure quando il David ormai quarantenne inizia a raccontare, ti porta a credere che sia lui il cattivo della storia, e tu non riesci a conciliare questa immagine con quella del ragazzino diciassettenne che subì la violenza inaudita del serial killer che sconvolse l’intera cittadina.

Lasciate che lo dica fin dall’inizio: molte persone pensano che io sia un assassino. Anzi, peggio. Un mostro. Un mostro talmente mostruoso che il mondo non aveva mai visto prima un mostro talmente mostruoso. Un po’ melodrammatico, certo, ma è così che mi arrivano queste impressioni.

L’ambientazione è quella che prediligo negli horror: la piccola provincia americana dove tutti si conoscono e i segreti delle famiglie vengono tenuti così bene. Segreti, maledizioni e peccati, che dalla generazione dei suoi padri ricadrà su un David incredulo e incapace di tirar fuori i ricordi peggiori di quella primavera. E mentre lui continua a raccontare, ti ritrovi totalmente preso dalla storia, dall’agghiacciante terrore di quest’uomo che teme di perdere i figli per qualcosa che lo insegue da decenni, e che pare avercela con la sua famiglia. Qualcosa di incomprensibile, che va al di là della ragione umana. Un horror ben costruito, un carico di suspense e di tensione, che incuriosisce e spaventa. Personaggi ben costruiti e a tutto tondo, compresi i bambini di David che sono spesso così divertenti da spezzare l’ansia, anche se per pochi minuti. Un romanzo notevole che consiglio apertamente a chi non ha paura di affrontare superstizioni e vecchie leggende.


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