L’amico ritrovato – Fred Uhlman

L’amico ritrovato – Fred Uhlman

Titolo: L’amico ritrovato

Autore: Fred Uhlman

Editore: Feltrinelli

Genere: romanzo

Pagine: 92

Prezzo: 7,40

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Trama

Nel 1932 Hans Schwarz ha 16 anni, la sua famiglia è di origine ebrea e appartiene alla classe borghese di Stoccarda. Al liceo Hans è un bravo alunno, studioso ed educato, ha buoni rapporti con tutti i suoi coetanei ma non riesce a stringere un legame forte con nessuno di loro. Il suo concetto di amicizia non gli permette di trovare il giusto compagno con cui condividere passioni e sogni.

Nella mia classe non c’era nessuno che potesse rispondere all’idea romantica che avevo dell’amicizia, nessuno che fosse in grado di comprendere il mio bisogno di fiducia, di lealtà e di abnegazione, nessuno per cui avrei dato la vita.

Fino al giorno in cui in classe viene accolto un nuovo ragazzo: è il conte Konradin von Hohenfels, figlio di una famiglia aristocratica tedesca. La figura di Konradin affascina subito tutti i presenti per la sua eleganza, la sua nobiltà e la sua popolarità, ma nessuno riesce ad avvicinarlo. L’unico a cui il ragazzo concede la sua attenzione è proprio Hans. In poco tempo i due si scoprono simili e animati dagli stessi interessi; entrambe sono timidi e bisognosi di un amico. Il loro legame diverrà giorno dopo giorno più solido, nella ricerca di risposte a questioni non solo adolescenziali, ma spesso estremamente serie come l’esistenza di Dio, la guerra e la morte.

Ma la Germania intorno a loro sta cambiando, anche se i ragazzi ancora non se ne rendono conto, e inizia lentamente a differenziarli. Hans ha fiducia nel suo paese e nella sua gente, ed è convinto che niente possa separarlo dal suo migliore amico. La sera in cui incontra a teatro la famiglia Hohenfels è felice di avere un’occasione per essere presentato ai genitori di Konradin. La delusione sarà quindi cocente, quando l’amico fingerà di non averlo visto e Hans capirà che le cose, tra loro, stanno cambiando.

La situazione degli ebrei in Germania, nel frattempo, peggiora e i due ragazzi, inevitabilmente, prendono strade differenti che sembrano diventare inconciliabili l’una con l’altra.


Autore

Fred Uhlman (1901 – 1985) di nazionalità tedesca, è stato avvocato, pittore e scrittore. Appartenente alla classe media ebrea, fu costretto a fuggire dal suo paese prima che Hitler prendesse il potere, a causa del crescente antisemitismo. Visse per alcuni anni in Francia, poi in Spagna e infine si trasferì a Londra. La sua posizione di straniero non gli permetteva di lavorare regolarmente, per cui iniziò a dipingere; attività che divenne sempre più redditizia, soprattutto in Gran Bretagna.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, come tutti gli stranieri originari da paesi nemici, fu confinato sull’isola di Man per sei mesi e poi rilasciato. Nel 1971 pubblicò il breve romanzo “L’amico ritrovato” (che fa parte della trilogia del ritorno insieme a “Un’anima non vile” e “Niente resurrezioni, per favore“), che ottenne un successo immediato. In seguito scrisse “Storia di un uomo“, un libro autobiografico.


Recensione

L’amico ritrovato” viene pubblicato per la prima volta nel 1971. Nel 1976, Arthur Koestler, nella sua introduzione al libro, scrive: ” credo sinceramente che questo smilzo volumetto troverà una sua collocazione duratura negli scaffali delle librerie“. Chissà se aveva immaginato che il “volumetto” sarebbe rimasto, dopo cinquant’anni dalla sua stesura, uno dei romanzi più venduti al mondo; uno di quei titoli che anche se non hai letto, sai almeno di cosa si sta parlando; uno di quei libri che gli insegnanti ancora danno da leggere ai propri studenti; uno di quei racconti che quando li chiudi ti rimangono dentro per sempre.

Cosa c’è di strano vi chiedete? Niente. In fondo è accaduta la stessa cosa al romanzo di Primo Levi o al “Diario” di Anne Frank. Eppure queste tre opere, pur avendo lo stesso argomento in sottofondo, sono estremamente diverse. Se vi aspettate la descrizione degli stermini nei campi di concentramento, non la troverete. Se credete di ascoltare la sofferenza di chi è rimasto fuori dai Lager, in attesa, nascosto, osservando la distruzione del proprio paese, non troverete nemmeno quella.

Il protagonista del racconto ha lasciato la Germania prima che tutto questo avvenisse, e i crimini atroci compiuti durante l’Olocausto restano sullo sfondo, gli arrivano ovattati dall’altra parte del mondo. Eppure, in queste sole 92 pagine, Ulhman riesce a racchiudere l’oggetto della disperazione di un popolo: il tradimento da parte dei propri simili. La fiducia incrollabile di Hans e dei suoi genitori verso la loro patria, la loro gente, viene crudelmente spezzata in pochi mesi. Poche settimane in cui quelli che erano sempre stati considerati amici tolgono loro il saluto e li trattano come gli ultimi dei reietti. La fede di Hans nella sua terra sarà irrimediabilmente compromessa.

Bisogna fare attenzione prima di concedere la propria fiducia a un tedesco. Come si fa a essere certi che l’uomo con cui si sta parlando non abbia immerso le mani nel sangue dei vostri amici o dei vostri parenti?

In modo pacato, con uno stile narrativo semplice, delicato ma elegante, Ulhman ci fa entrare nella vita di questi due ragazzi così diversi eppure così simili, che stringono un legame di amicizia vera e concreta, che sono capaci di discutere della vita, dell’irragionevolezza della morte e dell’esistenza o meno di Dio, ma non si occupano di politica.

Forse per non dover affrontare una realtà che entrambe nascondono a loro stessi: che il vento che spira in Germania sta cambiando, e con esso anche la direzione delle loro vite. Quella tra Hans e Konradin è un’amicizia fondata sul rispetto, sull’affetto reciproco, su una assoluta parità. E’ un sentimento così forte e tenero che per quasi tutto il libro si è portati a sperare che sarà in grado di resistere a qualunque errore dell’umanità.

Credo che la meraviglia del romanzo stia nel fatto che il pathos accumulato nelle ultime venti pagine esploda improvvisamente in quell’unica, singola frase finale. Si parla spesso di incipit famosi, che hanno fatto la bellezza di alcuni libri, ma sono convinta che questo finale, racchiuso in poche parole, sia tra i più straordinari ed emozionanti di sempre. Dieci parole che custodiscono così tante emozioni che lo scrittore non ha avuto nemmeno bisogno di proseguire. Dieci parole che portano finalmente sollievo a Hans, dopo una vita vissuta nascondendo la più grande delusione che l’uomo possa affrontare: quella verso il prossimo.

Dopo tanta sofferenza, dopo anni di insensatezze, di dolore, di una sensazione di fallimento, per Hans si profila una sorta di redenzione dell’essere umano, o quantomeno dell’unico a cui teneva davvero.

Non so se sia giusto definire “L’amico ritrovato” come un romanzo sull’amicizia, almeno non sull’amicizia in se stessa. Se fosse solo questo, Konradin vedrebbe l’amico in modo diverso dagli altri ebrei, mantenendo le sue convinzioni. Al contrario, il loro rapporto dimostra che la capacità di parlare, di confrontarsi sulla visione della vita, può portare l’uomo a travalicare ogni differenza di razza, colore, credo o convinzione politica.

L’amico ritrovato” è un piccolo romanzo che toglie solo un paio d’ore di lettura, ma lascia una profonda tristezza su un periodo storico che è sempre bene non dimenticare, e una tenerezza infinita nei confronti di due ragazzi che, pur così giovani, hanno avuto il privilegio di vivere un legame tanto forte e sono riusciti alla fine, nonostante tutto, a riscattarlo.


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