Come il respiro del vento – Elisa Berti

Come il respiro del vento – Elisa Berti

libro

Titolo: Come il respiro del vento

Autore: Elisa Berti

Editore: Sonzogno

Genere: storie vere

Pagine: 218

Prezzo: 17,00

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Trama libro

Il telefono del Centro Monte Adone, nel cuore dell’Appennino emiliano, squilla quasi trenta volte al giorno. Spesso a rispondere è Mirca, che l’ha fondato nel 1989 insieme al marito Rudi, ma alzano la cornetta anche la figlia Elisa e i tanti volontari che da anni fanno parte della «famiglia salvanimali». Le emergenze sono le più diverse: un fenicottero avvistato in strada, un procione tenuto come animale da compagnia, un lupo ferito da soccorrere, un esemplare esotico maltrattato. È il caso di Kuma e Kora, due cuccioli di leone sfruttati dal circo, o dello scimpanzé Oliver, talmente abituato agli umani da non riconoscere i suoi simili. Ma anche del lupo Navarre, salvato da Elisa con un’eccezionale respirazione bocca-muso, e delle tante altre specie ospitate dalla struttura. Ogni intervento è una sfida: recuperare, soccorrere, prendersi cura degli ospiti senza cadere nella tentazione di umanizzarli, e poi imparare a dire addio, spesso per restituirli al bosco, talvolta perché nessuna terapia è servita. Questo libro è il punto di incontro, diverso e possibile, tra il mondo animale e quello umano: un incontro improntato alla convivenza non invasiva, al rispetto reciproco e all’amore, nella consapevolezza che la dignità di un essere vivente non può piegarsi ai nostri desideri o stare chiusa in gabbia.


Recensione libro

Leggere questo libro è stata un’esperienza delicata e al tempo stesso traumatizzante. Ma di sicuro, se c’è una cosa che ho imparato, è che non cercherò mai più di toccare un animale selvatico quando lo incontrerò nel suo ambiente. Perché ha ragione Elisa: noi uomini siamo portati a interagire con loro perché crediamo che così facendo possiamo instaurare un rapporto di fiducia, fargli capire che non siamo pericolosi, e tentiamo in tutti i modi di aiutarli (quando sono in difficoltà), guardandoli come se fossero animali domestici. Ma in verità anche quando non ne abbiamo l’intenzione siamo estremamente dannosi, perché quella carezza o quel cibo dato per tenerezza può creare effetti pericolosi. Non conoscevo il Centro Monte Adone, ma sapevo che ce ne sono tanti in Italia che si occupano di raccogliere, curare e restituire animali feriti al loro habitat. Non avevo però idea del lavoro meticoloso, arduo e sfiancante che questi volontari devono affrontare in ogni situazione, per accogliere animali ogni volta diversi. Non avrei mai immaginato, se Elisa non lo avesse raccontato con tanta semplicità e coinvolgimento, che ogni specie animale richiede competenze diverse e ambienti per accoglierli che spesso vanno creati dal nulla, perché è impossibile riutilizzare quelli adatti a un’altra specie.

Ho percorso insieme a lei, alla sua famiglia, e a tutti i volontari che hanno gravitato negli anni intorno al loro centro, la difficoltà di trasformare un semplice ricovero per animali selvatici in un centro di accoglienza che, in tre decenni, ha dovuto ospitare leoni, scimpanzé, lupi, pappagalli esotici, oltre ad animali più semplici da gestire. Tante cose mi hanno colpito del racconto di Elisa. Prima fra tutte la superficialità con cui (negli anni in cui ero piccola) l’Italia si fosse riempita di animali esotici utilizzati per puro divertimento che poi venivano scaricati dove capitava. La tenacia e il coraggio di questa famiglia hanno permesso l’apertura di un piccolo ricovero che non si è mai tirato indietro quando c’è stato bisogno di salvare animali insospettabili: cosa ci fai con un leone vero sottratto a un fotografo? Mica puoi tenerlo in gabbia o riconsegnarlo semplicemente alla savana. L’etica del Centro Monte Adone è stata fin dall’inizio quella di reintegrare gli animali feriti, malati o cresciuti in cattività, nel loro ambiente, e non di posizionarli in aree faunistiche, zoo o comunque in ambienti umani (a meno che non fosse inevitabile).

Non intendo allungargli la vita per costringerlo a morire in cattività: due mesi in natura valgono più di sei mesi al sicuro nel nostro recinto, senza stimoli, senza una sfida tra quelle che lo hanno animato per tutta la sua esistenza

Ho capito infine l’impronta che noi esseri umani lasciamo sulle vite di tante specie animali, dal brutale bracconaggio al semplice uso di veleni per topi che purtroppo miete vittime anche tra animali a cui non avremmo voluto arrecare danni. Così come dannoso è anche il desiderio di trasformare alcuni animali selvatici o esotici in piccoli amici domestici, con la convinzione di dar loro una vita sicura e soddisfacente.

Lasciare andare gli animali significa amarli davvero, nel profondo, pensare a un rispetto che è molto lontano dal concetto di possesso.

Il messaggio quindi più importante che questo racconto vuole diffondere è che la nostra vita può avere un’influenza notevole sul mondo in cui viviamo e forse occorre fermarsi a pensare un po’ più spesso in che modo vogliamo incidere sulle vite degli animali che dividono con noi questa terra che appartiene anche a loro. Anche se pensiamo che il nostro contributo sia privo di utilità, in verità ogni piccolo comportamento può influire sull’ambiente che ci circonda. Dobbiamo solo decidere, come ci esorta questa splendida famiglia, che tipo di traccia vogliamo lasciare. Una lettura davvero molto interessante ed educativa e vi assicuro molto emozionante, che non vi lascerà indifferenti. Sarete felici di aver fatto parte, anche solo da lontano, di questa grande, varia e tenace famiglia di volontari e di aver conosciuto le storie di alcuni degli straordinari ospiti del Centro che negli anni hanno lasciato un ricordo indelebile su tutti quelli che hanno avuto il privilegio di aiutarli a riconquistare la loro libertà.


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