
Fango – Niccolò Ammaniti

Titolo: Fango
Autore: Niccolò Ammaniti
Editore: Einaudi
Genere: racconti
Pagine: 357
Prezzo: 15,00
Trama libro
Dall’Apocalissi festosa de “L’ultimo capodanno dell’umanità” alle peripezie del picciotto Albertino protagonista di “Fango”, i racconti di Niccolò Ammaniti mettono in scena i nuovi eroi di un’umanità borderline e metropolitana, capace di passare con leggerezza da una modesta aspirazione a un efferato delitto. Sono racconti che mescolano tutti i generi, dall’horror alla commedia all’italiana, trovando infine in una grottesca vena comica il vero elemento comune. Storie nelle quali una minuziosa osservazione della realtà si fonde con una scatenata fantasia, per cui anche la morte si trasforma in uno scintillante spettacolo.
Autore
Classe 1966, Niccolò Ammaniti è oggi tra gli scrittori italiani più popolari. Viene da una gavetta lunga e tortuosa, durante la quale i primi romanzi non riscuotono il successo di pubblico sperato. La critica, al contrario, lo loda per quel realismo crudo e spesso efferato che caratterizza le sue opere e che lo fa rientrare nel nuovo gruppo letterario dei Cannibali (dal nome di una delle loro opere). Grazie alla fortunata trasposizione cinematografica di Gabriele Salvatores, il romanzo “Io non ho paura” gli regala nel 2001 la fama nazionale.
I libri successivi sono subito best sellers: “Ti prendo e ti porto via, “Come Dio comanda”, “Io e te“, “Che la festa cominci”, “Il momento è delicato”, “Anna” e la raccolta di racconti “Fango“. Incurante delle critiche, Ammaniti va avanti per la sua strada con uno stile brutale, scurrile, con un senso di pulp che lo ha accostato spesso a Tarantino, e quella capacità di creare storie che viaggiano su binari paralleli per poi ritrovarsi nel finale (caratteristica per la quale è stato definito uno Stephen King italiano).
Recensione
Tra le prime opere pubblicate da Niccolò Ammaniti, nel lontano 1996, “Fango” resta ancora oggi, a mio avviso, uno dei suoi migliori scritti, quello che fin da subito fece capire a pubblico e critica quale sarebbe stato il suo stile. Venne inserito fin dall’inizio, a ragione, nella letteratura pulp, per quella vena efferata, quella costante presenza di crimini all’interno delle sue storie, quel linguaggio che diventerà poi caratteristico dell’autore. Una scrittura scurrile e violenta, concisa, spesso contraddistinta da frasi brevi e spezzate, pochi dettagli ma significativi, descrizioni essenziali ma capaci di evocare personaggi e ambienti. In questi sei racconti in particolare Ammaniti unisce alla narrazione i pensieri dei protagonisti senza uso di virgolette, elemento che ritroverete spesso nelle sue opere.
Si guardò il ventre. E vide che le sue interiora erano diventate esteriora. Le budella le colavano giù, come un gigantesco lombrico floscio, a terra. Viscide, rosse e bruciate. Provò a tirarsi su. Non ci riuscì. Le sue gambe giacevano a terra, a un metro da lei, staccate di netto dal busto in un lago di sangue e carbone. Appena si rese conto che si reggeva in un equilibrio precario sull’erezione di Davide Razzini incominciò a ondeggiare. Ma Davide aprì gli occhi. Nello stesso istante in cui si risvegliò, la sua erezione scemò. Roberta Palmieri crollò di faccia contro il pavimento.
Questa raccolta potrebbe non essere adatta a tutti i lettori, soprattutto non a quelli facilmente impressionabili; le sue storie, per quanto diverse tra loro, hanno in comune la caratteristica di mettere in scena il peggio dell’umanità, episodi di una violenza e un’efferatezza che a volte superano quel limite precario tra reale e surreale. I racconti più forti, quelli più disturbanti (soprattutto se ti fermi a pensare che potrebbero accadere davvero) sono “L’ultimo capodanno dell’umanità” “Rispetto” e “Fango“. Il primo tratto distintivo che ho notato nella sua narrazione e che poi ho ritrovato in molte delle sue opere è quella capacità di creare storie che viaggiano sui binari paralleli; molti dei suoi romanzi iniziano in modo pacato, presentando personaggi più o meno comuni, con vite più o meno normali. Certo, la grande maggioranza dei suoi protagonisti sono delinquenti, derelitti oppure rappresentanti di quell’umanità insoddisfatta in cerca di distrazioni alternative, moralmente discutibili e con situazioni familiari disagiate. E’ raro trovare un protagonista che sia felice ed equilibrato, e quando avviene è semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato. Mentre segui i suoi personaggi in quelle che sembrano normali giornate disfunzionali, cominci piano piano a intravedere un filo che in qualche modo, in un momento indefinito, li unirà; e quando quel momento arriva, improvviso, brusco e destabilizzante è come se tutti i suoi personaggi impazzissero contemporaneamente.
Mi piace dire che le storie di Ammaniti esplodono. E ti ritrovi davanti uno scenario che ha dell’inverosimile per la violenza, la crudeltà e la disumanità che porta con sé, mischiate a volte con scene di comicità all’italiana che rendono tutto più assurdo. Spesso i suoi racconti hanno un ritmo così serrato che non fai in tempo a prevenire ciò che sta per accadere e questo coglierti di sorpresa rende la narrazione ancora più spietata. Ammetto che alcune pagine di “Fango” sono tra le più disturbanti che io abbia mai letto: le sue storie riescono a scuoterti l’anima, lasciandoti un senso di disagio che fatica a dissolversi. Tutto ciò che di negativo l’essere umano può fare, lui lo traspone su carta e te lo sbatte in faccia crudo e mai attenuato. E quando chiudi il libro ti resta incollata addosso la sensazione di aver guardato all’interno di un pozzo oscuro e profondo, dove si nasconde l’animale più feroce e implacabile che c’è in natura, l’uomo.