Harrow la Nona – Tamsyn Muir
Titolo: Harrow la Nona
Autore: Tamsyn Muir
Editore: Mondadori
Genere: fantasy
Pagine: 726
Prezzo: 15,00
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Trama libro
Harrowhark Nonagesimus, l’ultima necromante della Nona Casa, è stata ingaggiata dall’Imperatore per combattere una guerra che non si può vincere. Fianco a fianco con la rivale che più detesta, Harrow deve perfezionare le sue arti e diventare un angelo della non-morte. Ma si sente sempre peggio, la sua spada le dà la nausea e persino la mente minaccia di tradirla. Chiusa nell’atmosfera gotica del Mithraeum dell’Imperatore con tre insegnanti poco amichevoli, inseguita dai fantasmi pazzi di un pianeta assassinato, Harrow deve affrontare due scomodi interrogativi: c’è qualcuno che sta provando a ucciderla? E, qualora ci riuscisse, l’universo sarebbe un posto migliore senza di lei?
Autore
Tamsyn Muir è un’autrice neozelandese di horror, fantasy e fantascienza. I suoi racconti hanno ricevuto nomination per i premi Nebula, Shirley Jackson, World Fantasy. “Gideon la Nona” è il suo primo romanzo, che inizia la saga del Sepolcro Sigillato, seguito da “Harrow la Nona” e ora da “Nona la Nona“.
Recensione
Anche quando uno scrittore o una scrittrice hanno un talento indiscusso, uno stile originale e diverso, anche quando sei convinto della genialità delle loro opere e della loro capacità di creare qualcosa che nessun altro è in grado di fare, anche allora può capitare che uno dei suoi libri ti deluda parzialmente. È quello che è capitato a me con questo secondo capitolo della saga del Sepolcro Sigillato. Sia chiaro: non posso che ammettere che Tamsyn Muir sia un genio, un’artista folle che ha saputo creare con “Gideon la Nona” un mondo e dei personaggi che nessuno poteva immaginare. Il problema è che quella chimica tra i protagonisti, quel perfetto incastro tra loro che hanno fatto del primo volume un’opera irripetibile, sono mancati in “Harrow la Nona“. Il secondo capitolo non è a mio avviso all’altezza del precedente per due semplici motivi. Uno: è mancato l’elemento innovativo e portante di “Gideon la Nona“, ossia quei dialoghi assurdi, scurrili, volgari e proprio per questo assolutamente impagabili del primo volume. Due: la storia sullo sfondo, che va avanti alle spalle del crollo personale di Harrowhark, si fa ancora più complessa ma molto più lenta, tanto che nelle prime 500 pagine accade davvero poco.
Questo libro è un viaggio allucinogeno nella mente dell’artista e della protagonista, Harrow, e ho faticato non poco a star dietro alla fantasia macchinosa che sorregge la trama e che ha iniziato ad avere un significato solo verso la fine, quando con estrema maestria la Muir riesce a spiazzare di nuovo il lettore con un altro finale che toglie il respiro. Seguire i salti temporali, i passaggi continui tra presente e passato, le due linee narrative (una in terza persona e una in seconda) non sarebbe stato un problema se i vari pezzi, invece di collocarsi nei punti giusti col passare delle pagine, non si fossero invece sparpagliati sempre più. In “Harrow la Nona” più leggi e meno comprendi. Ovviamente ho amato la protagonista, se possibile, ancora più che nel precedente libro; qui la ritroviamo spezzata, disorientata, totalmente persa: una necromante quasi irriconoscibile che si fa amare proprio per il dolore che sta provando.
Eri un sacramento ambulante, nonostante i tuoi iniziali contributi al Littorato consistessero solo nella ricerca di nuovi e diversi modi per dare di stomaco. Intervenivano soltanto quando davi l’impressione di poter morire soffocata nel tuo stesso vomito, un atto misericordioso che ritenevi sempre, seppur vagamente, un gran peccato.
E in fin dei conti ero talmente presa a cercare di capire cosa fosse successo in quegli ultimi istanti del primo libro, che a un certo punto ho smesso di preoccuparmi per tutti i discorsi che non stavo capendo. Perché anch’io avevo sulle labbra solo quelle uniche tre sillabe che mi avrebbero restituito la Tamsyn Muir che avevo amato.
Ti eri preparata a morire con il Sepolcro Sigillato a fior di labbra. Ma quell’idiota della tua bocca agonizzante aveva scandito tre sillabe completamente diverse, tre sillabe che non riuscivi nemmeno a capire.
E quando, nelle ultime 150 pagine, finalmente è ricomparsa quell’ironia rozza, sgarbata e dissacrante del primo libro, mi sono sentita premiata per aver seguito con caparbietà una storia che per i miei gusti poteva durare anche un paio di centinaia di pagine in meno. E ora che di nuovo sono rimasta senza parole (non per lo stupore, ma perché proprio non ho capito..) affrontiamo il terzo volume. Perché la speranza è sempre più forte della delusione.
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