
La ballerina di Auschwitz – Edith Eva Eger

Titolo: La ballerina di Auschwitz
Autore: Edith Eva Eger
Editore: Corbaccio
Genere: biografia
Pagine: 176
Prezzo: 16,00
Trama libro
Edith ha sedici anni, è una ballerina di talento e una bravissima ginnasta che aspira alle Olimpiadi. E, fra allenamenti massacranti e la quotidiana battaglia per trovare il suo posto in una famiglia dove è considerata la figlia «dotata di cervello ma non di bellezza», è troppo presa per soffermarsi a riflettere su quel che succede nel mondo e nel suo Paese. Ma l’Ungheria del 1943 incomincia a diventare pericolosa per una ragazza ebrea. Appena Edith si innamora per la prima volta, si trova rinchiusa, insieme alla sua famiglia, nel vagone di un treno diretto ad Auschwitz. Persino in questi momenti bui, Eric, il ragazzo di Edith, mantiene viva la speranza: «Non dimenticherò mai i tuoi occhi» le dice attraverso le assi del carro bestiame. La realtà di Auschwitz supera ogni peggiore incubo, eppure Edith, nonostante la fame che patisce e gli orrori che vive, è sostenuta dal pensiero di Eric. Sopravvive, insieme con la sorella Magda, e torna a casa, piena di dolore e sensi di colpa: la vita le appare più un peso che un dono… almeno fino a quando non capisce di poter scegliere. Non può cambiare il passato, ma può scegliere come vivere il presente e persino amare di nuovo.
Autore libro
Edith Eva Eger è una psicologa e scrittrice statunitense, originaria della Slovacchia, nata da genitori ebrei ungheresi. Ha raccolte le sue memorie in un romanzo divenuto best seller “La scelta di Edith“. “La ballerina di Auschwitz” è il suo terzo libro.
Recensione libro
«Vai da un’altra parte, almeno nella tua testa» le dico.
E’ così che sopravviviamo, così che danziamo all’inferno: usiamo quel dono che è la nostra mente.
Quando Edith Eva Eger ha deciso di riprendere in mano il suo precedente libro “La scelta di Edith” e rimodellarlo, aveva in mente uno scopo preciso: lasciare non solo la sua testimonianza su quanto avvenuto nel lager, ma soprattutto raccontarci cosa l’ha tenuta in vita fino all’ultimo momento, quali pensieri l’hanno accompagnata tra le peggiori atrocità che una ragazzina di sedici anni potesse subire, quali sono state le emozioni a cui si è aggrappata per non affogare nel male. La consapevolezza di avere la sorella al suo fianco, la certezza che insieme ce l’avrebbero fatta e che non poteva abbandonarla, l’amore tenero e profondo per il suo Eric, che attraverso la parete del vagone le promette «Non dimenticherò mai i tuoi occhi»; sono queste le cose che l’hanno salvata. Bastano infatti pochi mesi a Edith per capire che lasciarsi andare potrebbe essere una sorta di salvezza, o quantomeno significherebbe mantenere la dignità di decidere come morire; eppure ogni giorno si ripete che se arriverà a domani, allora sarà libera. E così si trascina attraverso malattie, fame, sporcizia, pidocchi, piaghe, torture insostenibili, nella speranza di tornare a casa e sentire ancora le carezze di Eric. Ho letto tanti libri simili a questo e devo dire, onestamente, che dopo i racconti di Primo Levi in “Se questo è un uomo” credevo di non poter più leggere nulla che facesse così male. Eppure la Eger racconta alcuni particolari che non conoscevo, per cui a volte mi sono dovuta fermare a prendere fiato. Non sapevo che i tedeschi, per trasportare le munizioni sui treni, facessero salire sui tetti dei vagoni i prigionieri ebrei in modo da dissuadere i britannici a bombardarli. Non immaginavo nemmeno che, una volta a settimana, li costringessero a donare il sangue per curare i soldati tedeschi feriti. E forse la cosa peggiore non è stato il racconto di questi momenti, ma la semplicità, la fredda tranquillità con cui li racconta, come se non fossero cose accadute a lei. Ho intravisto nella sua scrittura una minima parte di quell’annullamento che credo sia stato lo scopo primario dei campi di concentramento.
Auschwitz è un luogo mortale, ma prima di ucciderti ti annulla.
La piccola Edith non è indenne da questo annichilimento, nonostante la forza che dimostra ogni giorno; ma è una ragazza intelligente e capisce subito le regole di sopravvivenza che la aiuteranno a superare le giornate.
Durante le prime settimane ad Auschwitz imparo le regole della sopravvivenza. Se riesce a rubare un tozzo di pane alle guardie sei un’eroina, ma se lo rubi a una compagna sei un infame, e muori. Se rimani nella baracca, nessuno ti vedrà più. Quindi, se non ti senti bene fingiti in perfetta salute. Stai ferma lì e lascia che ti contino
Ma le atrocità che vede perpetrare e che lei stessa è costretta a subire, alla fine faranno vacillare anche lei, tanto che una volta tornata si chiederà a lungo se la sua sopravvivenza sia stata dovuta alla fortuna oppure a un semplice errore. Soffrirà del senso di colpa dei sopravvissuti, che non capiscono perché proprio loro sono riusciti a tornare a casa; e arriverà a formulare un pensiero insostenibile:
Esistere ormai è diventato un obbligo insopportabile.
Quando è successo, mi sono chiesta, che vivere è diventato un obbligo? Quando ha smesso di essere un diritto, un privilegio? Edith si ostina a voler arrivare a domani, ma questa sopravvivenza è un peso che forse a volte avrebbe voluto abbandonare. Eppure nonostante il lager sia riuscito a spezzarla, si è rifiutata di cedere alla morte, dimostrando che l’uomo ha una “inesorabile capacità di sperare”.
«I tuoi occhi. Sono così belli! Non si notavano, in mezzo a tutti quei capelli» Per la prima volta mi rendo conto che possiamo scegliere se prestare attenzione a quello che abbiamo perso o a quello che ci rimane.
Edith ha scelto di vivere ed è riuscita a tornare a casa. E qui ha dovuto combattere con i demoni del suo passato, fino a quando non è stata capace di accettarli e gestirli. E oggi si dedica a tutte quelle persone che hanno un disturbo da stress post traumatico e che hanno bisogno di trovare un motivo per andare avanti, per continuare a vivere, e per amare ancora. Il suo è un messaggio positivo e una spinta a cercare ciò che resta di buono nella vita, dopo una tragedia. Perchè è vero che non possiamo cambiare il passato, ma almeno possiamo agire sul nostro futuro e scegliere di averlo. E’ sicuramente uno dei migliori romanzi di questo genere, non solo per lo stile di scrittura molto toccante, ma anche per la forza che cerca di trasmettere a chi ha necessità di ricostruirsi.
Non possiamo cambiare quello che ci è accaduto, non possiamo modificare il passato né avere il controllo di quello che ci attende dietro l’angolo, ma possiamo scegliere come vivere adesso, chi e come amare. Possiamo scegliere, possiamo sempre scegliere, di essere liberi.
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