Stanotte guardiamo le stelle – Alì Ehsani

Stanotte guardiamo le stelle – Alì Ehsani

libro

Titolo: Stanotte guardiamo le stelle

Autore: Alì Ehsani

Editore: Feltrinelli

Genere: storie vere, romanzo

Pagine: 263

Prezzo: 11,00


Trama libro

Afghanistan, anni novanta. Ali è un ragazzino che trascorre le giornate tirando calci a un pallone con il suo amico Ahmed, in una Kabul devastata dalla lotta tra fazioni, ma non ancora in mano ai talebani. La città non è sempre stata così, gli racconta suo padre: un tempo c’erano cinema, teatri e divertimenti, ma ad Ali, che non ha mai visto altro, la guerra fa comunque meno paura delle sgridate del maestro o dei rimproveri della madre. Il giorno in cui, di ritorno da scuola, Ali trova un mucchio di macerie al posto della sua casa, quella fragile bolla di felicità si spezza per sempre. Convinto inizialmente di aver solo sbagliato strada, si siede su un muretto e aspetta il fratello maggiore Mohammed, a cui tocca il compito di spiegargli che la casa è stata colpita da un razzo e che i genitori sono morti. Non c’è più niente per loro in Afghanistan, nessun futuro e nessun affetto, ma “noi siamo come uccelli (…) e voleremo lontano”, gli dice Mohammed, che lo convince a scappare. E in quello stesso istante, l’istante in cui inizia il loro grande viaggio, nascosti in mezzo ai bagagli sul portapacchi di un furgone lanciato verso il Pakistan, Mohammed diventa per Ali un padre, il miglior amico e, infine, un eroe disposto a tutto pur di non venire meno alla promessa fattagli alla partenza: Ali tornerà a essere libero e a guardare le stelle, come faceva da bambino quando il padre gli spiegava le costellazioni sul tetto di casa nelle sere d’estate. Dal Pakistan all’Iran, e poi dall’Iran alla Turchia, alla Grecia e infine all’Italia, quella di Ali e Mohammed è un’epopea tragica, ma anche una storia di coraggio, determinazione e ottimismo.


Recensione

Ancora oggi, dopo tanti anni di immagini di guerra, quello che penso sempre è come riescono a vivere queste popolazioni in mezzo ai bombardamenti, tra le rovine, in città e villaggi ridotti a cumuli di macerie. Alcune risposte le ho trovate proprio in questo libro, non dissimile da molti altri che ho già letto, ma che mi ha svelato una verità che forse la mia mente non riusciva ad accettare. Abitudine. È l’abitudine che fa vivere queste persone in condizioni atroci e disumane. Alì ha solo otto anni quando inizia il suo viaggio di clandestino e non sa cosa sia l’energia elettrica, perché ormai a Kabul le famiglie normali non possono usarla: è rimasta solo per alimentare qualche negozio e poco altro. L’unico forno che conosce è quello a legna che il proprietario del palazzo aveva fatto costruire quando era saltato l’ultimo palo della luce. L’acqua viene dal pozzo che lo stesso uomo ha fatto scavare in giardino. Gli afghani hanno trovato soluzioni alternative per sopravvivere e si sono abituati alla nuova vita, e quello che per noi è inimmaginabile, quando vediamo le riprese in televisione, per loro è soltanto vita comune. E questa è stata di sicuro una delle cose più tristi: pensare che per tutti i bambini come Alì non ci sia mai stato nulla di differente, nessuna comodità, nessun agio, e che siano cresciuti convinti che in tutto il mondo avvenisse la stessa cosa.

Le racconto che in Afghanistan c’era la guerra e che pensavo che tutto il mondo fosse in guerra perché non avevo mai visto altro. Che ogni giorno partiva un razzo che andava a colpire qualcosa, anche se non si capiva bene chi era contro chi.

Altrettanto triste è stato constatare che una volta attraversato il confine con il Pakistan, i profughi afghani siano stati (e di sicuro sono ancora oggi) alla mercé dei vari trafficanti; mi sarei aspettata aiuto e comprensione da parte dei paesi vicini che vedono migliaia di persone abbandonare casa con pochi stracci e due soldi per trovare la pace. Ma forse anche il Pakistan, così come alcuni altri stati limitrofi, con i suoi problemi non è stato in grado di occuparsi di loro, anzi li ha sfruttati per vendere cibo, vestiti, passaggi. E se tra concittadini sono pronti a togliersi anche il pane di bocca per aiutarsi, tra i profughi dei vari paesi c’è una tensione ingiustificata.. è come farsi guerra tra poveri. L’indifferenza dei paesi più fortunati, quella invece l’avevo già avvertita in tanti altri romanzi simili e non credo ci sia bisogno di leggere la loro storia per sapere che siamo tutti un po’ restii ad aiutare chi non conosciamo; ho paura che sia nella natura umana aver paura di ciò che è differente e questi profughi sporchi, scalzi, smagriti, non riscuotono spesso la nostra fiducia. E’ solo quando ci raccontano la loro storia che capiamo che al loro posto potevano esserci noi e che forse anche noi avremmo sognato di ricevere aiuto, di essere trattati come esseri umani, di avere gli stessi diritti di tutti, le stesse opportunità. Ed è con questo desiderio che i clandestini come Alì intraprendono questi viaggi lunghi e sfiancanti, sapendo che tante saranno le volte in cui verranno fermati e rimandati nel loro paese. Sapendo che a volte i trafficanti ruberanno loro i soldi, oppure li lasceranno a scontare il loro debito per mesi in condizioni peggiori di quelle che hanno abbandonato. Eppure ritentano, ancora e ancora, perché vogliono raggiungere quella realtà in cui otterranno un documento, un’identità riconosciuta e saranno di nuovo persone.

Guardaci, Alì. Siamo dei poveracci, dei clandestini, senza diritti, senza niente. Dobbiamo andare in Europa, avere dei documenti, trovare un lavoro… e poi ci rispetteranno, vedrai.

Come sempre, tra tanta tristezza e tanta sofferenza, c’è anche una grandissima forza di volontà; c’è un desiderio inarrestabile di trovare delle condizioni migliori; c’è un’incrollabile speranza di migliorare la propria vita. E in questo, di sicuro, c’è una straordinaria forza dettata dalla speranza.

Chi parla degli emigrati usa spesso la parola “disperati”, ma quello che invece penso oggi è che non c’è niente di più simile alla speranza nel decidere di emigrare: speranza di arrivare da qualche parte migliore, speranza di farcela, speranza di sopravvivere, speranza di un lieto fine come al cinema.

E’ stata una lettura toccante, una di quelle che ti aiutano a comprendere alcune realtà troppo lontane dalla nostra. Non è forse tra i migliori che ho letto nel suo genere, ma è stato di sicuro interessante ed educativo e lo consiglio vivamente a tutti i lettori, anche giovani, per la sua scorrevolezza e per i sentimenti di cui sono piene le pagine della vita di Alì.


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