Giro di vite – Henry James
Titolo: Giro di vite
Autore: Henry James
Editore: Nua Edizioni
Genere: horror, romanzo gotico
Pagine: 150
Prezzo: 12,30
Trama libro
È la sera della vigilia di Natale e in una residenza nella campagna londinese alcuni amici sono riuniti assieme per passare le festività. Per distrarsi, ogni sera davanti al camino si raccontano storie di fantasmi. Tra loro, il signor Douglas sostiene di avere la storia più spaventosa che mai sia stata ascoltata, ma per raccontarla ha bisogno di mandare a prendere da un servo, nella sua casa di Londra, un diario che custodisce da anni. Ormai pieni di curiosità, gli amici ascoltano così le vicende accadute a una sua vecchia governante, che in gioventù fu chiamata come istitutrice di due bambini orfani dei genitori, Miles e Flora, e si ritirò con loro e poco altro personale nella vecchia e maestosa dimora di Bly. Dopo pochi giorni l’istitutrice era già entusiasta del lavoro e totalmente innamorata dei due piccoli, che possedevano tutto quello che si può desiderare in un fanciullo: una viva intelligenza, una dolcezza e un candore unici, un’educazione ammirevole.
La quiete del suo impiego venne interrotta bruscamente il giorno in cui, da una delle torri della dimora, vide una figura maschile che la osservava mentre lei era in giardino. Quando l’apparizione si ripeté , pochi giorni dopo, la giovane si confidò con la signora Grose, la governante, temendo per l’incolumità della famiglia. Grandi furono il suo sgomento e il suo orrore quando la sua collega le rivelò che la figura avvistata corrispondeva perfettamente a quella di Peter Quint, cameriere personale del padrone, una persona cattiva e meschina che aveva stretto un rapporto malsano e opprimente col piccolo Miles. Quando chiese che fine avesse fatto il valletto, la risposta la gettò nel più profondo scompiglio e terrore: era stato infatti trovato morto mesi prima lungo la strada che conduceva a Bly. Così, convintasi di voler proteggere a tutti i costi i suoi due adorabili alunni, l’istitutrice li sottopose a una stretta sorveglianza, durante la quale le terrificanti visioni si ripeterono e lei si convinse che ci fosse una forza oscura e malefica che stesse cercando di conquistare i due piccoli. Quando alla figura maschile si unì la visione della precedente istitutrice, la signorina Jessel, anche lei morta misteriosamente, la ragazza capì che la verità era molto più terribile del suo peggiore incubo.
Autore
Henry James (1843-1916) americano naturalizzato britannico, è stato uno degli scrittori più prolifici nella storia della letteratura. Dopo aver tentato la via degli studi di legge, si rese conto di essere interessato solo alla scrittura e iniziò a collaborare con alcune testate giornalistiche, mentre pubblicava i suoi primi racconti. La svolta che impresse al romanzo moderno è indubbiamente significativa: la sua convinzione era che lo scrittore dovesse mostrare attraverso le sue opere la sua visione del mondo. In quest’ottica introdusse l’uso del punto di vista soggettivo, del monologo interiore e di vari tipi di narrazione psicologica. Tra i 22 romanzi, i 112 racconti e i vari saggi, ricordiamo “Washington Square”, “Ritratto di signora”, “Le bostoniane” e “Il giro di vite“.
Recensione
Va oltre ogni immaginazione. Non ho mai sentito nulla di lontanamente paragonabile. In quanto a inspiegabile orrore, raccapriccio e sofferenza.
E’ con queste parole che il signor Douglas introduce ai suoi amici la storia che sta per raccontare ed è quindi con un misto di curiosità e di timore che ho iniziato la lettura di questa novella. Mi preme però avvertirvi di una cosa che ritengo fondamentale quando ci si accosta a quest’opera di Henry James. Se state cercando un romanzo horror, nel senso moderno del termine, cambiate approccio oppure sarà una delusione e non riuscirete a godere del genio indiscusso che avete davanti. Occorre tenere presente che Henry James è uno scrittore del 1800 e che questo racconto fu pubblicato per la prima volta sul finire del secolo. Questo significa, prima di tutto, che il linguaggio usato è estremamente elegante e ricercato, come era proprio della migliore letteratura dell’epoca. La scrittura è incisiva, tagliente e le descrizioni di ambienti e personaggi sono veloci ed essenziali, mentre è ricca di dialoghi e dei pensieri della narratrice interna. Eppure, nonostante questo, riesce perfettamente a creare nel lettore l’immagine vivida della dimora di Bly e delle sensazioni alternanti che evoca nel lettore.
“Giro di vite” è una novella che si inscrive come molte altre di James nel genere del romanzo gotico, predecessore del romanzo horror come lo intendiamo oggi. La letteratura gotica, diffusasi verso la metà del ‘700, è caratterizzata da alcuni elementi tipici che ritroviamo anche in questo racconto. Primo fra tutti l’ambientazione: in genere le storie si svolgono in castelli diroccati o vecchie dimore che ricordano perfettamente Bly Manor. Henry James si sofferma più volte sulla costruzione antica e sciupata in cui abita la famiglia, descrivendo quel senso di serenità e pace che deriva dalla campagna inglese, che va poi a scontrarsi con le sensazioni inquietanti derivanti dall’uso della luce e dell’oscurità che avvolge tutte le stanze della costruzione.
E non era forse un libro di fiaba quello sul quale mi ero assopita sprofondando in un sogno? No, era una grande casa brutta e vecchia ma confortevole, in cui immaginavo fossimo smarriti come un manipolo di passeggeri su una grossa nave alla deriva.
Altro elemento fondamentale del romanzo gotico è la presenza di un’eroina vessata da presenze soprannaturali, di solito fantasmi malefici che deve affrontare da sola. Infine, una situazione di terrore che pervade tutto il racconto, pur senza approdare quasi mai a vere e proprie scene terrificanti. E’ in quest’ottica che va letto il racconto di James ed è l’unica che permette di apprezzarne il grande valore narrativo, in un momento di fervore e cambiamento letterario. Se si legge con attenzione si possono scorgere i riferimenti alle opere precedenti o contemporanee, che hanno segnato forse la sua fantasia: da “I misteri di Udolpho” di Ann Radcliffe, considerato il primo grande romanzo gotico, a “Jane Eyre“, che influenza la fantasia dell’istitutrice, facendole pensare che possa esserci un familiare malato nascosto fra le mura di Bly. Qualcuno obietterà che la vicenda non presenta eventi davvero paurosi e in effetti è così; ma si deve pensare che siamo ancora nello stesso secolo che aveva sul tavolo da lettura un’opera di Jane Austen o di Charlotte Brontë e che guardava con diffidenza il “Cime tempestose“ della sorella Emily. Io stessa, mentre leggevo “Giro di vite“, ho ripensato alla brughiera del capolavoro di Emily Brontë, con la sua nebbia, la sua luce soffusa e la presenza soprannaturale che aleggia sulla dimora di Heathcliff. Ugualmente, ho ritrovato quella scrittura cupa, concentrata sullo studio psicologico dei personaggi, che ha offerto un autentico cambiamento alla letteratura dello stesso periodo.
Il terrore, il raccapriccio, la paura promessi dal narratore iniziale, non derivano quindi da avvenimenti concreti e violenti, ma dal secondo narratore, che prendendo in mano la storia la racconta in modo volutamente lento e trattenuto, in modo da evocare sensazioni di disagio, di spaventosa attesa, di apprensione e infine di terrore. Ed è, a mio avviso, in questa straordinaria capacità di dosare e rallentare la storia che sta il genio dello scrittore, che riesce a mantenere viva la suspense nel lettore fino alla fine, pur non utilizzando nessuna scena cruenta o spaventosa. Si gioca tutto sullo studio psicologico dei personaggi, sulla descrizione delle loro espressioni, dei loro gesti, delle loro emozioni. Contribuisce a raggiungere l’obiettivo l’uso di un punto di vista interno, che diventa una sorta di monologo che a volte ha i segni della follia e che lascia il lettore con la sensazione di non aver compreso, alla fine, cosa fosse reale e cosa immaginato. Henry James ha giocato, in fin dei conti, con la paura di ogni essere umano di accettare cose che non possono essere, obbligando la povera istitutrice a dare un altro giro di vite alla natura umana per poterla comprendere e convincersi di non essere pazza.
Io credo che “Giro di vite” sia una piccola gemma all’interno del panorama letterario ottocentesco e che vada letto con una mente aperta a un periodo storico che stava sperimentando le prime forme di scrittura horror. Se avete intenzione di leggerlo pensando di trovarvi davanti a un racconto di Stephen King, tanto per essere chiari, non sarete soddisfatti. Se invece vi accomoderete in poltrona, tenendo magari le tende tirate e le luci soffuse, e lo leggerete pensando che solo pochi decenni prima una giovane scrittrice inglese creava un personaggio delicato come Lizzie Bennet in “Orgoglio e pregiudizio“, sarete in grado di capire la portata dell’innovazione di questo racconto. E allora, forse, sarete costretti ad accendere la luce.
Se vuoi aiutarmi a sostenere le spese di manutenzione del sito puoi acquistare le tue copie tramite i link che trovi nelle pagine. Grazie!