La lunga notte del dottor Galvan – Daniel Pennac
Titolo: La lunga notte del dottor Galvan
Autore: Daniel Pennac
Editore: Feltrinelli
Genere: romanzo
Pagine: 71
Prezzo: 6,65
ACQUISTA SU IBS ACQUISTA SU MONDADORITrama libro
Gérard Galvan, medico parigino, si ritrova a raccontare a un estraneo (pare sia uno scrittore, perfetto, sarà interessato) di una curiosissima notte in cui, vent’anni prima, ancora tirocinante, era di guardia al pronto soccorso di una clinica universitaria. Era una domenica notte, e come tutte le domeniche, l’ospedale lavorava con frenesia, raccogliendo i casi più disparati della città, dagli incidenti domestici agli automobilisti in polpette, dai barboni in cerca di alloggio alle embolie polmonari. Galvan è lì che tenta di uscire indenne dalla guardia (salvati: tutti, morti: nessuno), con l’unico pensiero in testa della bozza del suo futuro biglietto da visita. Lui, figlio di generazioni di medici, fidanzato con la figlia di un medico! A disturbare la sua scalata al successo, l’anziano signore che da ore staziona su una barella in corridoio, continuando a ripetere “non mi sento tanto bene”, collassa davanti ai suoi occhi, innescando l’intervento di tutti gli specialisti della clinica e dando vita a una notte rocambolesca. Ognuno di loro, visitato il paziente, formula la propria diagnosi, in netto contrasto con quella precedente, mentre la situazione del vecchio si aggrava di minuto in minuto.
Nonostante i tentativi disperati di Galvan di salvare il paziente, che danno luogo a corse sfrenate e surreali lungo i corridoi dei vari reparti, incidenti improbabili, malintesi e interventi inutili di eminenti specialisti, il vecchio finisce in coma. Galvan è distrutto. La sua coscienza lo obbliga a vegliare il paziente per tutta la notte, allontanandosi solo qualche minuto, il mattino successivo, per una doccia veloce. Quando il giovane medico torna in camera, l’anziano non è più sul letto. Orrore. Dispiacere. Deve essere morto mentre lui era fuori ed è stato portato via. E’ l’unica spiegazione. O forse no.
Autore
Daniel Pennac è uno scrittore francese nato nel 1944. Pessimo alunno fin dalle elementari, anche a causa della sua dislessia, troverà solo al liceo un professore che lo spingerà verso la scrittura, intuendo il suo potenziale. Dopo un inizio stentato, riscuote il successo con “Il paradiso degli orchi“, primo capitolo di quella che sarà la saga Malaussène, scritto per una scommessa tra amici, che lo avevano sfidato a scrivere un giallo.
La sconclusionata famiglia gli porterà fortuna: seguiranno infatti “La fata carabina”, “La prosivendola”, “Signor Malaussène”, “La passione secondo Thérèse” e “Ultime notizie dalla famiglia“. Scrive anche alcuni romanzi per ragazzi, tra cui “Ernest e Celestine“, “L’occhio del lupo” e “Abbaiare stanca“, e un saggio sulla scuola “Diario di scuola“. A 18 anni dall’uscita dell’ultimo libro della famiglia Malaussène, torna in libreria con “Il caso Malaussène: Mi hanno mentito”.
Recensione
Mi sono avventurata, con questo breve romanzo, fuori dalla famiglia Malaussène (con un po’ di nostalgia, devo ammetterlo, e qualche pregiudizio sul fatto che Pennac fosse in grado di liberarsi dei personaggi che aveva creato), e ho trovato lo stesso scrittore di sempre. Pennac, non mi deludi mai, grazie. Dinuovo quello stile veloce, frettoloso e spezzato, assolutamente confusionario, fatto di frasi brevissime, che mi lascia ogni volta a bocca aperta. La narrazione dei fatti si unisce anche in questo racconto (e più del solito) ai pensieri improvvisi e spesso farneticanti del protagonista, giovane dottor Galvan.
Più che un romanzo, è una sorta di monologo; l’uditore di Galvan, infatti, non proferisce quasi parola, ma è come se lo scrittore si rivolgesse direttamente a noi, il che ci immerge ancora di più nella lettura. E’ un flusso ininterrotto di ricordi e pensieri, attraverso un lungo flashback, scritto quasi a caso, come se non ci fosse né capo né coda. Ma chi conosce il genio di Daniel Pennac sa bene che ogni sua parola fa parte di un disegno prestabilito, che l’autore ha ben chiaro nella testa (Quanto mi piacerebbe esserci, dentro quella testa). E il disegno funziona. Anche questa volta i suoi colori sono vividi e accecanti. Ti trascina fin da subito in una lunga guardia notturna in pronto soccorso, alle spalle di un personaggio ironico e sarcastico, che guarda il mondo criticandolo. E’ il giovane dottore, con il suo eterno dramma tra l’essere un buon medico, raggiungendo lo spirito adatto alla professione e avendo come unico interesse il bene del paziente, e quella formicolante, ossessiva voglia di diventare un nome famoso su un bigliettino da visita.
Nasce così una figura che attira subito la nostra simpatia, pur con i suoi limiti umani e i suoi sbagli, la sua eterna spaccatura tra necessità personale e cura del prossimo. Galvan è il giovane tirocinante che si presta a sostituire tutti suoi colleghi durante le guardie notturne, per velocizzare il suo processo di realizzazione. E così lui inietta, ottura, cuce, sutura, sonda, drena, fa partorire.
Insomma, dispensavo. Ero un dispensario fatto persona.
La mia famiglia (tutti medici sin dall’epoca di Molière, la medicina è la più diffusa malattia ereditaria) mi trovava esemplare.
In questa notte caotica il nostro eroe scoprirà un improvviso interesse per l’anziano paziente, arrivando addirittura a dimenticare il biglietto da visita. Come spesso accade con Pennac, una serie di avvenimenti irreali, descritti con uno stile unico e affascinante, che fa sorridere senza ridere, ci mostra uno spaccato della nostra società. Ma d’altronde, cos’è la scrittura di Pennac se non un modo per farci osservare il mondo in modo critico attraverso un linguaggio visivo e frastornante.
io e il mio occluso volavamo spediti sul linoleum del panico
E così abbiamo il medico comune, che lotta per emergere sui suoi colleghi, e il comune malato, che poi tanto malato non è, e finisce per avere gli stessi interessi personali del primo. A ben vedere, sembra che questa volta Pennac se la prenda con entrambe le categorie, all’interno della sanità: medici e pazienti. Entrambe, forse, figure esemplari di come la medicina non dovrebbe essere usata. E si conferma anche in questo romanzo l’abilità dello scrittore francese nel giocare con le parole.
La ragazza più bella del mondo si addormenta ed eccola lì che rumina l’avena degli incubi (Bruxismo è il termine esatto…)
Se non avete mai letto questo autore e volete cimentarvi con un modo di scrivere curioso e alternativo vi consiglio questo piccolo romanzo. Si legge in una giornata, un po’ per la sua brevità, un po’ per la sua scorrevolezza. Mi auguro ne rimarrete estasiati come me. Io l’ho adorato. Anche perché, in caso contrario, temo che non avrete più il coraggio di riprovarci. Daniel Pennac è uno di quegli autori che potete amare o detestare. Potete imparare ad apprezzarlo, ma non lo sentirete mai davvero. E anche se la battuta è rubata a Richard Gere che spiega l’Opera a Julia Roberts in Pretty Woman, immagino di aver chiarito il concetto. E allora, buon ascolto a tutti.
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