La prosivendola – Daniel Pennac

La prosivendola – Daniel Pennac

libro

Titolo: La prosivendola

Autore: Daniel Pennac

Editore: Feltrinelli

Genere: giallo

Pagine: 304

Prezzo: 12,00

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Trama libro

Per rilanciare le vendite del suo autore di maggior successo, del quale non si devono conoscere né il nome né il viso, la regina Zabo, tirannica regina e geniale “prosivendola” della casa editrice Taglione, decide di reclutare un sostituto che incarni pubblicamente il misterioso J. L. B. L’operazione riesce, ma il sostituto rimane vittima di un attentato durante uno show delirante. Bloccato in ospedale in stato di coma, Benjamin viene ciò nonostante informato degli sviluppi del caso dalla sua tribù, resa tranquilla sulla sua salute dall’affermazione della sorellina astrologa secondo cui Ben vivrà fino a 93 anni.


Autore

Daniel Pennac è uno scrittore francese nato nel 1944. Pessimo alunno fin dalle elementari, anche a causa della sua dislessia, troverà solo al liceo un professore che lo spingerà verso la scrittura, intuendo il suo potenziale. Dopo un inizio stentato, riscuote il successo con “Il paradiso degli orchi, primo capitolo di quella che sarà la saga Malaussène, scritto per una scommessa tra amici, che lo avevano sfidato a scrivere un giallo.

La sconclusionata famiglia gli porterà fortuna: seguiranno infatti “La fata carabina”, “La prosivendola”, “Signor Malaussène”, “La passione secondo Thérèse” e “Ultime notizie dalla famiglia“. Scrive anche alcuni romanzi per ragazzi, tra cui “Ernest e Celestine“, “L’occhio del lupo”, “Abbaiare stanca“ e “Diario di scuola“, oltre al bizzarro romanzo “La lunga notte del dottor Galvan“. A 18 anni dall’uscita dell’ultimo libro della famiglia Malaussène, torna in libreria con “Il caso Malaussène: Mi hanno mentito”.


Recensione

Ed eccoci di nuovo qui, a Belleville, dove i guai non mancano mai e per uno strano caso del destino, quando c’è un’indagine per omicidio, c’è sempre di mezzo Benjamin Malaussène. Ma questa volta gli ispettori di polizia che hanno già avuto il dispiacere di conoscerlo non prendono neanche in considerazione che possa essere un sospettato; al contrario sono così spaventati dalla sua capacità di complicare le indagini che lo avvisano di stare alla larga dalla spiacevole situazione. E Benjamin, che è segretamente felice di non aver perso la sua dolce e sensibile Clara per colpa del matrimonio, decide che è stanco di quel ruolo di capro espiatorio che per anni ha svolto come se fosse stato inventato per lui.

Me l’aveva spiegato mille volte: perché, secondo lei, ero un capro espiatorio nato, ce l’avevo nel sangue, una calamita al posto del cuore ad attirare le frecce. Ma, quel giorno, aggiunse dell’altro:

– La compassione, ragazzo mio, la compassione! Lei ha un vizio raro: compatisce.

E così accetta, per necessità, di impersonare uno scrittore di successo che non vuole dichiarare la sua identità, finendo coinvolto in un nuovo caso che spezzerà la sua famiglia, incrinerà la sicurezza di Thérèse che lo vedeva morire all’età di 93 anni, scatenerà la follia di Jeremy e della zia Julia, e porterà tutti i suoi amici di Belleville a macchiare ancora di più la loro fedina penale.

Ovunque lei sia, qualunque cosa faccia, avviene sempre una carneficina, una pioggia di cadaveri, ridotti per lo più in condizioni atroci, dilaniati dalle bombe, la testa ridotta in polvere da proiettili esplosivi, torturati fino all’indicibile, tutto è contro di lei: movente, frequentazioni, tragitti, orari, famiglia… Lei è un esercizio scolastico di prima qualità per qualsiasi sbirro in tirocinio.

Che dire di questo terzo romanzo sulla famiglia Malaussène? Un intreccio così ben congegnato che, come al solito, dubiti di tutti ma non capisci cos’è accaduto fino alla fine. Eppure nel suo essere caotico, irruente e bizzarro, Pennac ha seminato qua e là indizi (impossibili da cogliere). C’è sempre una critica sociale alle spalle delle sue storie e questa volta sembra accusare un’editoria che mira soltanto a vendere copie, colleghi scrittori che sfornano libri solo per poter dire di averlo fatto, a discapito di trama, scrittura e morale.

I corridoi delle Edizioni del Taglione pullulano di prime persone singolari che scrivono soltanto per diventare terze persone pubbliche. La penna si sbiadisce e l’inchiostro si asciuga nel tempo che perdono a frequentare critici e truccatori. Non scrivono per scrivere, ma per aver scritto – e che si sappia in giro.

Come sempre la grande fortuna di queste opere sono i personaggi: principali e secondari, multietnici, buoni e cattivi, santi e delinquenti, tutti caratteri vividi e ironici di una Belleville che incanta, fa sorridere, fa pensare, fa preoccupare. Devo ammettere che questo terzo episodio della sgangherata e spassosa famiglia dà in alcuni passaggi l’idea che Pennac si sia cimentato in un esercizio stilistico: quella che fino a “La fata carabina” era stata una scrittura fluida e leggera diviene fin troppo riflessiva e ricercata, e alcuni passi risultano davvero impegnativi e pesanti. Ma inutile negare che anche questa volta le vicende di questa famiglia allargata (eh sì, è in arrivo un nuovo piccolo componente) sono tra le più affascinanti della letteratura contemporanea; perlomeno se riuscite a star dietro alla enorme, frastornante serie di personaggi che solo una fantasia bizzarra e straordinaria come quella di Daniel Pennac poteva creare. Io ho temuto fino all’ultima pagina che le loro disavventure fossero terminate una volta per tutte e ho tirato un sospiro di sollievo quando ho capito che Pennac, anche questa volta, non aveva posto la parola “fine”. Ci rivediamo presto a Belleville..


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